In Italia le disparità salariali a livello territoriale sono ancora abbastanza marcate, tanto che la busta paga percepita da un lavoratore a Milano è quasi il 90% più alta di quella percepita dai colleghi occupati a Palermo.
A vantare stipendi elevati sono anche Parma, Bologna, Modena e Reggio-Emilia, realtà emiliane che hanno dalla loro parte la forte concentrazione di settori ad alta produttività e a elevato valore aggiunto.
Disparità salariali evidenti
A scattare una fotografia recente riguardo il gap retributivo territoriale è l’Ufficio studi della CGIA, rielaborando i dati INPS: nel 2021, ad esempio, nella Città Metropolitana di Milano la retribuzione media lorda annua dei lavoratori dipendenti occupati nel settore privato era di 31.202 euro, quasi il 90% in più di quella percepita da chi lavora a Palermo, pari a 16.349 euro.
I lavoratori dipendenti meno pagati si trovano a Nuoro, con una retribuzione media lorda annua pari a 13.338 euro, seguiti dai colleghi di Cosenza con 13.141 euro, di Trapani con 13.137 euro e di Vibo Valentia con solo 11.823 euro. La retribuzione media italiana, invece, corrisponde a 21.868 euro.
Contratti di lavoro di secondo livello ancora indietro
Solo il 20% dei dipendenti italiani è coinvolto nella contrattazione di secondo livello. Al 15 giugno erano 10.568 i contratti attivi, di cui 9.532 aziendali e 1.036 territoriali.
Il 72% sottoscritto al Nord, il 18% al Centro e il 10% al Sud. Lombardia (3.218), Emilia Romagna (1.362) e Veneto (1.081) sono le regioni sul podio.
La CGIA mette in evidenza come in passato le parti sociali abbiano tentato di risolvere il gap salariale tra Nord e Sud, anche attraverso l’impiego del Contratto collettivo nazionale (CCNL).
Questa soluzione, tuttavia, ha funzionato solo parzialmente perché nel settore privato multinazionali, utilities, aziende medio-grandi e società finanziarie/assicurative/bancarie – che generalmente concedono stipendi più alti della media – sono collocate prevalentemente nelle aree metropolitane del Settentrione.