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Stipendi, contratti e pensioni: cosa c’è nella Manovra 2024

di Teresa Barone

17 Ottobre 2023 12:36

Cosa prevede la Manovra 2024 in tema di stipendi, pensioni e contratti del pubblico impiego: le novità varate dal CdM.

Approvata a tempo di record dal Consiglio dei Ministri, la Manovra 2024 mette sul piatto 24 milioni di euro e contiene novità importanti per quanto riguarda gli stipendi e le pensioni degli italiani, ma anche in materia di contratti della PA.

Stipendio più alto nel 2024

La Legge di Bilancio 2024 ha confermato il taglio del cuneo fiscale per i redditi medio bassi (così come il rinnovo dei contratti pubblici, soprattutto in ambito sanitario). Assieme all’aumento dello stipendio netto dovuto all’esonero parziale sui contributi INPS per i redditi fino a 35mila euro, si aggiunge la decontribuzione al 100% per le lavoratrici madri con almeno due figli. Si tratta del nuovo bonus mamme in busta paga, che si estende fino ai 10 anni dei figlio più piccolo, addirittura fino ai suoi 18 anni se è il terzo figlio.

Grazie anche alla Riforma Fiscale, inoltre, le buste paga dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi dovrebbero aumentare fino ad oltre 100 euro al mese, coinvolgendo una platea di milioni di cittadini. Questo, in virtù dell’accorpamento dei primi due scaglioni IRPEF, in base al quale si riduce al 23% l’aliquota impositiva fino a 28mila euro di reddito.

Rinnovo contratti: aumenti PA e in Sanità

La Manovra, come anticipato sopra, stanzierà risorse ad hoc anche per il rinnovo dei contratti della Pubblica Amministrazione e per il settore della Sanità in particolare: gli aumenti contrattuali del pubblico impiego supereranno complessivamente i 7 miliardi di euro.

Pensioni rivalutate e meno tasse

In tema di pensioni, il Governo conferma la rivalutazione degli assegni all’inflazione, al 100% per le pensioni fino a 4 volte in minimo e poi a scalare, preservando anche per il 2024 un aumento dell’assegno per le minime degli over 75.

Un’altra buona notizia è l’applicazione dell’accorpamento delle prime due aliquote IRPEF anche per i pensionati, che pertanto subiranno una tassazione inferiore fino a 28mila euro (l’aliquota applicata si ferma al 23%).

In arrivo (nel cedolino di novembre o dicembre) c’è anche l’anticipo (rispetto al consueto accredito di gennaio) degli arretrati dovuti ai pensionati sulla mancata rivalutazione degli assegni per adeguamento all’inflazione nell’anno in corso rispetto a quello precedente: la misura è prevista nel decreto legge fiscale collegato alla Legge di Bilancio.

Di contro, stringendo i cordoni della borsa per quanto riguarda il capitolo riforma pensioni, viene prorogata l’opzione Quota 103 ma aumentando di un anno l’età in uscita, mentre APE Sociale e Opzione Donna lasceranno il posto a un unico Fondo per la flessibilità in uscita, unificando per l’intera platea le categorie di potenziali beneficiari (sono quelle dell’APE Social, meno restrittive di quelle Opzione Donna) ed allineando per tutti (in senso peggiorativo per i lavoratori addetti a mansioni gravose) il requisito contributivo a 36 anni, ridotto a 35 anni per le donne (come già era previsto con l’Opzione Donna). Per tutti c’è anche il ricalcolo contributivo.