La rivalutazione delle pensioni prevista dalla Legge di Bilancio 2024 ha già tagliato la perequazione degli assegni più elevati fino al 22%, ma all’orizzonte potrebbe esserci una ulteriore stangata per reperire le risorse necessarie a coprire un’altra “falla” della Manovra 2024, anche se però non sembrano esserci conferme in questo senso, è bene sottolinearlo.
Il pomo della discordia sono i tagli alle pensioni future di migliaia di dipendenti pubblici exINPDAP (tra cui migliaia di medici) che ricadono nel calcolo misto della pensione, per i quali il Governo ha stabilito di ridurre l’importo della quota di pensione che ricade nel calcolo retributivo.
Vediam cosa si sta sviluppando il dibattito e dove potrebbe portare.
Taglio alle pensioni 2024
Nel ddl di Bilancio 2024, come noto ci sono diverse “cattive notizie” inserite nel capitolo pensioni. La prima è il taglio delle pensioni future di una specifica platea di dipendenti pubblici. Un’altra è la nuova riduzione delle aliquote di perequazione per le pensioni alte.
Dei 2,7 miliardi di risparmio che arriveranno dal pacchetto previdenziale previsto in Manovra, ci sono 1,2 che derivano proprio dal taglio dell’indicizzazione delle pensioni oltre dieci volte il minimo. In particolare, una riduzione di dieci punti percentuali dell’aliquota di perequazione, oggi al 32% e nel 2024 al 22%.
Ebbene, su questa platea di pensionati potrebbe cadere una nuova scure. Ma dopo aver già subito una decurtazione di ben 10 punti rispetto allo scorso anno, non sembra plausibile un nuovo intervento in questo senso.
Ipotesi di correttivi alla Manovra 2024
Per arginare le proteste degli Statali (fra cui ampe fasce di medici e sanitari) toccati dalla penalizzazione dovuta alle nuove tabelle di rendimento della quota retributiva delle pensioni miste per chi aveva fino a 15 anni di contributi prima del 1995, il Governo starebbe valutando diverse strade.
Piuttosto che abbassare ancora la perequazione dei trattamenti pensionistici di importo maggiore, però, pare che stia invece valutando di rendere selettivo il ricalcolo delle pensioni miste dei dipendenti PA interessati dai tagli, concentrandolo sui soli trattamenti anticipati, quando non addirittura rimandarne l’applicazione.
Questo taglio (compreso tra il 5% e il 25% all’anno) riguarda dipendenti di enti locali, infermieri, medici, insegnanti e ufficiali giudiziari che rientrano nelle ex casse previdenziali CPDEL, CPS, CPI e CPUG prima confluite nell’INPDAP e poi nell’INPS.
In attesa di sviluppi, è stato proclamato uno sciopero di categoria. I sindacati Anaao e Cimo hanno fissato per il prossimo 5 dicembre uno sciopero di 24 ore.
Secondo alcune indiscrezioni, per far rientrare la protesta, si starebbe verificando anche l’ipotesi di rimettere mano alle fasce di perequazione delle pensioni più alte.
Le aliquote di rivalutazione per le pensioni 2024 contenute nel ddl della Manovra, però, visti i pesanti interventi già subiti, non dovrebbero cambiare ancora e si dovrebbero trovare soluzioni alternative per scongiurare i pre-pensionamenti in massa annunciati da migliaia di medici che rientrano nella platea dei dipendenti pubblici penalizzati dalle nuove aliquote di rendimento delle pensioni miste, destinate a scendere di molto se non si interviene in qualche modo.
Stretta sulle pensioni da troppo tempo
Nel frattempo, oltre alla protesta degli statali e dei medici, i malumori dilagano su più fronti. I contribuenti che ricadono nell’ultimo scaglione pensionistico lamentano infatti le eccessive vessazioni di Governo imposte negli ultimi anni. Tra l’altro, il 13% di contribuenti italiani che ha un reddito da lavoro o pensione sopra i 35mila euro già paga il 62% dell’intera IRPEF. Pensionati compresi.
Negli ultimi 25 anni, le pensioni di tutti coloro che hanno un reddito pensionistico superiore a quattro o cinque volte il minimo INPS, hanno subito cinque prelievi di solidarietà e dieci blocchi perequativi.
I pensionati del ceto medio hanno visto i propri assegni previdenziali subire cinque contributi di solidarietà e dieci blocchi perequativi e in 30 anni hanno perso per sempre più di un quarto del potere d’acquisto.
In 30 anni hanno perso più di un quarto del potere d’acquisto segnala CIDA (Confederazione italiana dei dirigenti e delle alte professionalità). Continuare a colpire la classe media, secondo il suo presidente Stefano Cuzzilla, significa «voler aumentare il debito sulle generazioni future, provocare un pericoloso scollamento sociale e soprattutto disallineare il carico fiscale rispetto a quelli degli altri Paesi europei, provocando una perdita di competitività del nostro sistema economico».
Perequazione automatica penalizzante
Fra le misure più criticate spiccano proprio i diversi interventi sulla perequazione automatica.
«Negli ultimi vent’anni si sono susseguiti svariati provvedimenti, spesso perfino in contraddizione tra loro ma, in linea di massima, accomunati dal principio secondo il quale le pensioni di importo superiore tendono a subire un meccanismo sfavorevole» ha spiegato nei giorni scorsi Alberto Brambilla, presidente di Itinerari Previdenziali.
Questo, penalizza «proprio quella fascia di pensionati che, nel corso della propria vita attiva, ha dichiarato redditi pari o superiori a 35mila euro e versato contributi e imposte pari appunto a oltre il 60% dell’IRPEF totale, oltre ai contributi sociali e alle imposte dirette. Tasse che, viceversa, i 6 milioni di beneficiari di pensioni fino a 2 volte il minimo sostanzialmente non pagano e che i percettori di prestazioni tra 2 e 4 volte il TM pagano in misura ridotta».
Sui blocchi o riduzione della rivalutazione pensionistica – ha commentato nelle scorse settimane Luca Perfetti, avvocato dello Studio Bonelli Erede – la Corte Costituzionale ha avuto modo di pronunciarsi «fissando alcuni paletti all’azione del legislatore».
Il richiamo alla «contingente situazione finanziaria» – che, in astratto, potrebbe legittimare eventuali tagli – non può sorreggere interventi così incisivi in assenza di qualsivoglia documentazione tecnica circa le attese maggiori entrate. Ciò non esclude che si possa intervenire anche nel procedimento legislativo, stimolando il Parlamento/il Governo ad un intervento sul tema, oltre che proprio dinanzi alla Corte costituzionale».