Senza intervenire sulla Riforma Pensioni Fornero, i giovani dipendenti o a partita IVA che oggi hanno meno di 35 anni andranno in pensione a 74 anni con mille euro al mese.
I calcoli sono del Consiglio Nazionale dei Giovani (organo consultivo facente parte del Forum europeo per la gioventù) ed EURES (rete europea per la cooperazione nei servizi per l’impiego) e fotografano una realtà «socialmente insostenibile».
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la questione demografica e il passaggio al sistema contributivo puro mettono ulteriormente a rischio la sostenibilità del nostro sistema pensionistico.
Età pensionabile vincolata dai contributi versati
L’attuale quadro normativo e previdenziale impongono ai cittadini di lavorare più a lungo per ricevere poi pensioni meno comunque meno alte rispetto alle generazioni precedenti.
In base alle stime, dovendo raggiungere un importo minimo dell’assegno pensionistico per potersi ritirare (lo prevede la Legge Fornero), in base ai contributi versati e alla tassazione IRPEF, chi oggi ha meno di 35 anni non riuscirà a lasciare il lavoro prima dei 73,6 anni, con un assegno lordo che oscilla tra 1.577 e 1.650 euro.
Il sistema pensionistico attuale, sempre secondo il Consiglio Nazionale dei Giovani, «non soltanto proietta nel tempo le diseguaglianze reddituali, rinunciando a qualsivoglia dimensione redistributiva, ma addirittura risulta punitivo verso i lavoratori con redditi più bassi, costretti a permanere nel mercato del lavoro (al di là dell’anzianità contributiva) per tre o addirittura sei anni più a lungo dei loro coetanei con redditi più alti e ad una maggiore stabilità lavorativa».
Il tutto, all’interno di un sistema previdenziale che ha regole fra le più rigide in Europa.
«I giovani entrati nel mondo del lavoro nel 2020 all’età di 22 anni», aggiunge Pisani, «raggiungeranno l’età pensionabile a 71 anni, il dato più alto tra i principali Paesi europei».
Precarietà e basi salari: punti deboli del contributivo puro
Il problema in realtà non è rappresentato tanto dal sistema contributivo in sè, ma dall’impatto in un mercato del lavoro caratterizzato da carriere discontinue e stipendi bassi. Soprattutto per i giovani.
In base ai calcoli del Consiglio Nazionale dei giovani, per i lavoratori under 35 negli ultimi dieci anni è calato il ricorso al contratto a tempo indeterminato, dal 70,3% al 60,1%, mentre è cresciuta l’incidenza dei contratti a termine e dei contratti atipici passata dal 29,6% al 39,8%.
«Nel 2021, i lavoratori under 25 hanno ricevuto in media 8.824 euro, il 40% della retribuzione media complessiva, mentre i lavoratori tra i 25 e i 34 anni hanno ricevuto in media 17.076 euro, il 78% della retribuzione media. Per di più, uno scarto retributivo consistente si manifesta tra le donne e gli uomini giovani lavoratori, con un divario che si amplia nel tempo».
Riforma Pensioni: serve una Garanzia Giovani
La richiesta è quella di una «pensione di garanzia per i giovani, che preveda strumenti di sostegno e copertura al monte contributivo per i periodi di formazione, discontinuità e fragilità salariale dei giovani».
Si tratta, lo ricordiamo, di uno dei temi al centro del tavolo negoziale tra Governo e Sindacati sul tema della riforma pensioni.
Fra l’altro, sembra essere un punto su cui c’è un relativo accordo fra le parti. Se ne è discusso lo scorso 11 luglio, nel corso del tavolo dedicato proprio alle pensioni di garanzia per i giovani in vista della Riforma Pensioni vera e propria, che tuttavia non ha prodotto risultati concreti se non in via “programmatica” in vista della revisione del sistema previdenziale, su cui però il Governo non metterà mano, prevedibilmente, prima del 2024.