Assegno d’Inclusione: le nuove FAQ del Ministero

di Noemi Ricci

Pubblicato 8 Agosto 2023
Aggiornato 19 Dicembre 2023 20:18

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Assegno di Inclusione 2024: le risposte del Ministero alle FAQ sul nuovo strumento di sostegno economico al posto del Reddito di Cittadinanza.

L’Assegno di Inclusione (AdI) è il nuovo strumento di sostegno al reddito in sostituzione del RdC, volto a contrastare la povertà e l’esclusione sociale, fornendo un aiuto finanziario a nuclei familiari in difficoltà economica, gestito il modo simile, presenta però alcune specificità e diverse differenze.

L’Assegno di Inclusione – gestito il modo simile al Reddito di Cittadinanza – ha un importo minimo di 500 euro al mese – erogati dall’INPS su richiesta dei beneficiari tramite una piattaforma telematica – e si rivolge ai nuclei con componenti in situazioni di svantaggio come inabili al lavoro, persone con disabilità, minori e altre categorie vulnerabili.

Vediamo di seguito le risposte fornite dal Ministero del Lavoro alle domande più frequenti (FAQ) sull’Assegno di Inclusione 2024.

Indice
  1. Cos’è l’Assegno di Inclusione e a chi spetta?
  2. Da quando decorre l’Assegno di Inclusione?
  3. Cosa bisogna fare per ottenere l’AdI?
  4. Come si richiede l’Assegno di Inclusione?
  5. Come cambia la scala di equivalenza dell’ISEE?
  6. Come si definiscono i componenti con carichi di cura?
  7. Presa in carico da parte dei Centri per l’Impiego
  8. Come si definisce e certifica la condizione di svantaggio?
  9. Anche la Pensione di Cittadinanza verrà eliminata dal 2024?
  10. Come funzionano i controlli del nucleo familiare?
  11. Quali sono i requisiti di residenza per richiedere l’Assegno di Inclusione (AdI)?
  12. Se una persona ha commesso un reato e ha scontato la pena può richiedere l’Assegno di Inclusione?
  13. Chi lavora può richiedere l’AdI?
  14. Il tirocinio di inclusione sociale decade insieme al RdC?
  15. I PUC valgono solo ai fini AdI o anche SFL?
  16. Con l’Assegno di Inclusione sarà introdotta una nuova piattaforma digitale?
  17. I principi sanzionatori AdI e RdC sono differenti?

Cos’è l’Assegno di Inclusione e a chi spetta?

L’Assegno di Inclusione è una misura di sostegno economico e sociale rivolta a diversi tipi di nuclei familiari: quelli con minori, quelli con persone con disabilità, quelli con persone anziane di almeno 60 anni e quelli con componenti in condizioni di svantaggio e inseriti in programmi di cura e assistenza dei servizi socio sanitari territoriali certificati dalla pubblica amministrazione.

Da quando decorre l’Assegno di Inclusione?

Il nuovo Assegno di Inclusione prenderà il via dal 1° gennaio 2024.

Cosa bisogna fare per ottenere l’AdI?

Il primo passo che il richiedente AdI deve compiere è presentare la richiesta dell’Assegno di Inclusione telematicamente all’INPS. Successivamente, l’INPS informerà il richiedente che deve iscriversi alla piattaforma digitale SIISL per sottoscrivere un Patto di Attivazione Digitale, che autorizza la trasmissione dei dati relativi alla domanda ai Centri per l’Impiego, alle agenzie per il lavoro, agli enti autorizzati all’attività di intermediazione e ai soggetti accreditati ai servizi per il lavoro, come previsto dall’art. 12 del d. lgs. 150/2015, al fine di ricevere il beneficio economico.

Come si richiede l’Assegno di Inclusione?

La richiesta di Assegno di Inclusione deve essere effettuata tramite modalità telematica. Per richiedere l’AdI, è possibile utilizzare le credenziali SPID, la Carta Nazionale dei Servizi (CNS) o la Carta di Identità Elettronica (CIE) tramite il sito web dell’INPS. In alternativa, la richiesta può essere effettuata presso i Centri di Assistenza Fiscale (CAF) o gli Istituti di patronato.

Chi presenta domanda il 1° gennaio 2024, quando riceverà l’AdI?

L’Assegno di Inclusione inizierà a essere attivo a partire dal mese successivo a quello in cui il richiedente ha sottoscritto il Patto di Attivazione Digitale.

Quale sarà il ruolo di CAF e Patronati?

Attualmente, il ruolo dei CAF e degli istituti di patronato nel supportare le persone con scarsa confidenza con le procedure di attivazione digitali o che non dispongono di SPID e CIE è un tema, in parte, ancora aperto. Nella fase di presentazione della domanda, è previsto che i CAF e i Patronati possano offrire supporto ai cittadini per aiutarli a compilare la domanda.

Tuttavia, la norma non chiarisce se i CAF e i Patronati potranno continuare a fornire assistenza anche nelle fasi successive, come la registrazione sulla piattaforma informatica e la sottoscrizione del patto di attivazione digitale.

Saranno necessari chiarimenti ulteriori per definire con precisione il ruolo e le modalità di supporto dei CAF e dei Patronati nel processo di attivazione dell’Assegno di Inclusione, specialmente per coloro che hanno difficoltà con le procedure digitali o che non dispongono di SPID e CIE.

Come cambia la scala di equivalenza dell’ISEE?

Viene adottata una scala di equivalenza diversa rispetto a quella utilizzata per il Reddito di Cittadinanza per calcolare il beneficio e stabilire la soglia di reddito familiare necessaria per accedere all’Assegno di Inclusione (AdI).

Va inserito nella DSU il genitore non coniugato, non residente?

Per il calcolo dell’ISEE familiare, deve essere incluso nella DSU il genitore non coniugato che ha riconosciuto il figlio minore, ma risiede separatamente dal nucleo madre/figlio minore?

In presenza di minorenni, per calcolare l’ISEE necessario per accedere alle prestazioni sociali agevolate, si applica l’articolo 7 del DPCM 159/2013, che prevede diverse modalità di calcolo in base alla situazione familiare del minorenne beneficiario.

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In particolare, ai fini del calcolo dell’ISEE per le prestazioni sociali agevolate rivolte a minorenni, il genitore non convivente nel nucleo familiare, non coniugato con l’altro genitore, ma che ha riconosciuto il figlio, viene considerato parte del nucleo familiare del figlio, a meno che non ricorra uno dei seguenti casi:

  • il genitore risulta coniugato con una persona diversa dall’altro genitore;
  • il genitore ha figli con una persona diversa dall’altro genitore;
  • è stato stabilito un provvedimento dell’autorità giudiziaria che prevede il versamento di assegni periodici per il mantenimento dei figli;
  • sussiste l’esclusione dalla potestà sui figli o è stato adottato, secondo l’articolo 333 del codice civile, il provvedimento di allontanamento dalla residenza familiare;
  • risulta accertato in sede giurisdizionale o dalla pubblica autorità competente in materia di servizi sociali l’assenza di rapporti affettivi ed economici tra il genitore non convivente e il minore.

Qualora ricorrano i primi due casi sopra indicati, l’ISEE viene integrato con una componente addizionale, calcolata sulla base della situazione economica del genitore non convivente, secondo le modalità indicate nell’allegato 2, comma 2, parte integrante del citato DPCM.

Pertanto, per le prestazioni agevolate rivolte ai minorenni figli di genitori non coniugati e non conviventi, è necessario prendere in considerazione la condizione del genitore non coniugato e non convivente per stabilire se essa influisca o meno sull’ISEE del nucleo familiare del minore.

Se il minore e la madre sono in una casa famiglia, spetta l’AdI?

In presenza di un provvedimento dell’autorità giudiziaria che colloca un minore e sua madre in una casa-famiglia a totale carico della pubblica amministrazione, possono fare domanda per l’assegno di inclusione?

No, in base all’articolo 2, comma 5 del Decreto-Legge 48/2023 convertito, con modificazioni, dalla Legge 3 luglio 2023, n. 85, i componenti del nucleo familiare che risiedono in strutture a totale carico pubblico non sono conteggiati nella scala di equivalenza per tutto il periodo in cui soggiornano in tali strutture. Pertanto, se il provvedimento dell’autorità giudiziaria collocasse il minore e la madre in una struttura come una casa-famiglia a totale carico della pubblica amministrazione, in quel caso il nucleo familiare non sarà ammissibile per la presentazione della domanda di Assegno di Inclusione.

Tuttavia, se nel medesimo nucleo familiare fossero presenti soggetti che non sono coinvolti nel provvedimento dell’autorità giudiziaria e non risiedono in strutture a totale carico pubblico, tali soggetti potranno comunque presentare domanda per il riconoscimento dell’Assegno di Inclusione.

In tal caso, i componenti del nucleo familiare che risiedono nella struttura pubblica a totale carico saranno esclusi dalla scala di equivalenza solo per il periodo in cui sono ospitati in quella struttura. Va precisato che i soggetti inseriti nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere costituiscono sempre un nucleo familiare a sé, anche ai fini dell’ISEE.

Come si definiscono i componenti con carichi di cura?

I componenti con carichi di cura sono valutati in base alla presenza di specifiche situazioni familiari. Tali situazioni includono: minori di tre anni o di tre o più figli minori di età o di componenti il nucleo familiare con disabilità o non autosufficienza, ai sensi dell’allegato 3 al DPCM 159/2013.

A quale genitore viene riconosciuto il carico di cura?

In un nucleo familiare composto da 4 persone (2 adulti, 1 minore di età inferiore ai 2 anni e l’altro maggiore di 2 anni), il carico di cura viene riconosciuto ai genitori? Se solo ad uno dei due, con quali criteri? E se entrambi sono disoccupati? A queste domande il Ministero ha risposto che “in attesa di ulteriori specificazioni, per ora si intende ad uno solo, indicato dai coniugi nella richiesta di esonero”.

La misura ADI come si interseca con la misura GOL?

Qualcuno si chiede come la misura AdI si interseca con la misura GOL (Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori) che prevede la sottoscrizione di un Patto per il Lavoro.

Il Ministero chiarisce che, ai sensi dell’art. 6, comma 3 del decreto-Legge 48/2023, i componenti con responsabilità genitoriali che sono attivabili al lavoro, saranno indirizzati ai servizi per il lavoro per la sottoscrizione del Patto di servizio personalizzato, come previsto dall’articolo 20 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150.

All’interno di questo Patto di servizio, è possibile prevedere l’adesione ai percorsi formativi previsti dal Programma nazionale per la Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori (GOL), che fa parte della Missione M5, componente C1, del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Il case manager deve valutare l’attivabilità dei componenti del nucleo AdI?

Sì, nell’ambito della valutazione multidimensionale dei nuclei familiari per l’Assegno di Inclusione. il case manager deve valutare la condizione di attivabilità al lavoro dei componenti con responsabilità genitoriali che sono tenuti agli obblighi di partecipazione alle attività di politica attiva del lavoro.

Il case manager ha il compito di valutare le diverse dimensioni del nucleo familiare, inclusi gli aspetti lavorativi, al fine di identificare le necessità e le possibilità di inclusione sociale e lavorativa dei beneficiari dell’AdI. Questa valutazione include l’analisi della situazione lavorativa dei componenti con responsabilità genitoriali, verificando se essi possono essere attivabili per partecipare alle attività di politica attiva del lavoro volte a favorire la loro inclusione lavorativa.

Pertanto, il case manager svolge un ruolo cruciale nella valutazione e nell’individuazione dei percorsi personalizzati per il nucleo familiare al fine di garantire una corretta implementazione dell’AdI e supportare la loro inclusione sociale e lavorativa.

Presa in carico da parte dei Centri per l’Impiego

I servizi sociali potranno passare al centro per l’impiego singoli componenti? Cambia qualcosa rispetto al Reddito di Cittadinanza? Nell’ambito dell’Assegno di Inclusione (AdI), è prevista per ogni nucleo familiare la sottoscrizione del Patto per l’Inclusione Sociale. Tuttavia, i singoli componenti del nucleo familiare che risultano attivabili al lavoro, in seguito all’analisi preliminare, potranno essere indirizzati anche ai servizi per il lavoro per la sottoscrizione del Patto di Servizio. Questa situazione è simile a quanto avviene per il Reddito di Cittadinanza, in cui un singolo componente del nucleo può essere indirizzato al centro per l’impiego per la sottoscrizione di un Patto di Servizio come impegno di attivazione lavorativa.

Tuttavia, è importante sottolineare che non sarà più possibile indirizzare l’intero nucleo familiare al centro per l’impiego, come accadeva in passato con il Reddito di Cittadinanza. Con l’AdI, l’approccio sarà focalizzato sulla sottoscrizione di un Patto per l’inclusione sociale per l’intero nucleo familiare, mentre i singoli componenti attivabili al lavoro potranno avere un Patto di servizio specifico presso i servizi per il lavoro.

Questa differenza rappresenta un cambiamento nell’approccio rispetto al Reddito di Cittadinanza, al fine di garantire un maggiore coinvolgimento dei singoli componenti del nucleo nelle politiche di inclusione sociale e lavorativa.

Come si definisce e certifica la condizione di svantaggio?

Il tipo di certificazione necessario per le diverse categorie di svantaggio verrà specificato con un decreto attuativo. Tuttavia, a titolo esemplificativo, si considerano in condizione di svantaggio le persone che usufruiscono dei servizi per le persone con disabilità, per le dipendenze, per le donne vittime di violenza, per la salute mentale, per le malattie psichiatriche e le persone senza fissa dimora iscritte nel registro previsto dalla legge 24 dicembre 1954, n.1228 e che usufruiscono dei servizi sociali territoriali.

Cosa si intende per percorsi di protezione riguardanti la violenza di genere? Come certificarli? È necessario essere ospitati in un rifugio o la denuncia stessa avvia il percorso di protezione?

Secondo l’articolo 6, comma 5, lettera d-bis, i centri antiviolenza riconosciuti dalle regioni o dai servizi sociali sono responsabili di prendersi cura dei percorsi di fuoriuscita, anche in seguito a un provvedimento dell’Autorità Giudiziaria. Questo è valido a meno che non ci siano ulteriori specifiche.

Anche la Pensione di Cittadinanza verrà eliminata dal 2024?

Sì. Dal 1° gennaio 2024 la Pensione di Cittadinanza sarà abolita, ma ci sarà una nuova misura di sostegno economico e inclusione sociale e professionale chiamata Assegno di Inclusione. Questo sarà disponibile per i nuclei con minorenni, persone con disabilità, persone anziane di almeno 60 anni e componenti in condizioni di svantaggio inseriti in programmi di cura e assistenza dei servizi sociosanitari territoriali certificati dalla pubblica amministrazione.

Come funzionano i controlli del nucleo familiare?

Prima di erogare l’Assegno di Inclusione, l’INPS effettua controlli sul nucleo familiare del richiedente per verificare il possesso dei requisiti e delle condizioni previsti dalla legge. Tali controlli vengono effettuati attraverso l’accesso alle banche dati dell’INPS, dei comuni, del Ministero dell’Interno tramite l’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR), del Ministero della Giustizia, del Ministero dell’Istruzione e del Merito, dell’Anagrafe tributaria, del pubblico registro automobilistico e di altre pubbliche amministrazioni detentrici dei dati necessari.

Tuttavia, l’articolo 7 del decreto-legge 48/2023 convertito dalla legge 3 luglio 2023, n. 85 prevede ulteriori controlli. La richiesta dell’Assegno di inclusione deve essere presentata telematicamente all’INPS.

Che ruolo avrà l’Ufficio Anagrafe nella nuova misura?

Il ruolo dell’Ufficio Anagrafe nella nuova misura prevede la responsabilità dei Comuni per le verifiche e i controlli anagrafici, che includono l’incrocio delle informazioni dichiarate per l’ISEE con quelle disponibili presso gli uffici anagrafici e dai servizi sociali.

L’INPS, tuttavia, verifica preventivamente i requisiti anagrafici sulla base delle informazioni dell’Anagrafe nazionale della popolazione residente fornite dal Ministero dell’Interno.

Solo in caso di necessità, l’INPS richiederà ai Comuni di effettuare ulteriori verifiche tramite GePI. Questo è quanto stabilito dall’art. 8, comma 11, Decreto-Legge 48/2023 convertito, con modificazioni, dalla L. 3 luglio 2023, n. 85.

Quali sono i requisiti di residenza per richiedere l’Assegno di Inclusione (AdI)?

Per richiedere l’AdI, è necessario avere almeno cinque anni di residenza in Italia, di cui gli ultimi due in maniera continuativa, per il richiedente. Gli altri membri del nucleo familiare inclusi nella scala di equivalenza devono essere residenti in Italia al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata dell’assegno.

Il requisito della residenza è richiesto per tutti componenti del nucleo?

No. Il requisito della residenza in Italia per almeno cinque anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo, riguarda esclusivamente il richiedente il beneficio economico, non tutti i componenti del nucleo familiare. Per gli altri membri del nucleo inclusi nella scala di equivalenza, è necessario essere residenti in Italia al momento della presentazione della domanda e durante tutto il periodo di fruizione del beneficio.

Quale titolo di soggiorno è richiesto agli altri componenti del nucleo familiare ai fini AdI?

Gli altri componenti del nucleo familiare ai fini dell’Assegno di Inclusione (AdI) non necessitano di un titolo di soggiorno specifico. La norma richiede unicamente che essi siano residenti in Italia al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata dell’erogazione del beneficio.

Come si verifica la continuità della residenza?

I controlli sulla continuità della residenza, ossia per verificare che non vi sia stata un’assenza dal territorio italiano per oltre 2 mesi o 4 mesi non continuativi negli ultimi 18 mesi, sono di competenza del beneficiario stesso dell’Assegno di Inclusione.

L’articolo 3, comma 8 del D.L. 48/2023 stabilisce infatti che il beneficiario è tenuto a comunicare ogni variazione delle condizioni e dei requisiti di accesso alla misura, inclusa la residenza in Italia, entro quindici giorni dall’evento modificativo. In attesa di ulteriori specificazioni sulle modalità di controllo, la responsabilità di segnalare eventuali variazioni spetta al beneficiario per mantenere il diritto al beneficio dell’Assegno di Inclusione.

Se il coniuge è iscritto all’AIRE e vive all’estero, spetta il beneficio?

Nel caso in cui il coniuge sia iscritto all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) e risieda all’estero, la sua residenza non può essere considerata come continuativa in Italia ai fini dell’Assegno di Inclusione (AdI).

Non essendo residente, il coniuge non può essere incluso nella scala di equivalenza, nonostante venga attratto nel nucleo familiare ai fini ISEE.

Se una persona ha commesso un reato e ha scontato la pena può richiedere l’Assegno di Inclusione?

Se una persona ha commesso un reato e ha scontato la propria pena in carcere o mediante misura alternativa alla detenzione prima di presentare la domanda per l’Assegno di Inclusione (ADI), potrebbe rientrare nella possibilità di richiederlo, a condizione che siano trascorsi almeno 10 anni dalla condanna definitiva o dalle misure di prevenzione.

Più nel dettaglio, il beneficiario dell’Assegno di Inclusione, sia che si tratti del richiedente l’AdI o di un componente del nucleo familiare, non deve essere soggetto a misura cautelare personale o a misura di prevenzione. Inoltre, nei suoi confronti non deve essere stata pronunciata, nei dieci anni precedenti la richiesta dell’AdI, una sentenza definitiva di condanna o una sentenza ai sensi degli articoli 444 e seguenti del codice di procedura penale. Pertanto, se sono trascorsi meno di 10 anni dalla condanna definitiva, la persona non risulta ammissibile per l’Assegno di Inclusione.

Cosa accade se nel nucleo familiare c’è un componente sottoposto a misure cautelari/condanne?

Il requisito della mancata sottoposizione a misura cautelare personale o a misura di prevenzione, nonché la mancanza di sentenze definitive di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti intervenute nei dieci anni precedenti la richiesta di Assegno di Inclusione, come indicato nell’articolo 8, comma 3, si applica specificamente al “beneficiario dell’Assegno di Inclusione” e non all’intero nucleo familiare.

Il beneficiario dell’Assegno di Inclusione fa riferimento al richiedente o al componente del nucleo familiare considerato nella scala di equivalenza per determinare il beneficio economico. Pertanto, se uno dei componenti del nucleo familiare soddisfa i requisiti richiesti per ricevere l’AdI, gli altri membri del nucleo possono comunque beneficiare dell’assegno, anche se non soddisfano personalmente tali requisiti.

Tuttavia, è importante notare che l’assegno potrebbe essere calcolato in base al numero di componenti del nucleo e alle loro condizioni economiche, quindi la presenza di un componente che non soddisfa i requisiti potrebbe influenzare l’importo dell’AdI per l’intero nucleo.

Chi lavora può richiedere l’AdI?

Chi lavora può richiedere e continuare a percepire l’Assegno di Inclusione (AdI), purché siano rispettati i requisiti e le condizioni previste dalla normativa. La misura è compatibile con lo svolgimento di attività lavorativa, ma il contributo erogato può essere limitato in base al reddito da lavoro percepito.

In caso di variazione della condizione occupazionale di uno o più componenti del nucleo familiare, nel caso di avvio di un’attività di lavoro dipendente, il reddito da lavoro eccedente una soglia di tremila euro lordi annui non concorre alla determinazione del beneficio economico, ma viene considerato solo quando è recepito nell’ISEE per l’intero anno.

Per favorire l’autoimprenditorialità, i beneficiari che avviano un’attività d’impresa o di lavoro autonomo possono continuare a percepire l’AdI per le due mensilità successive al cambiamento della condizione occupazionale. Successivamente, il beneficio è aggiornato ogni trimestre considerando il reddito eccedente 3.000 euro lordi annui.

È importante tenere presente che il beneficiario dell’AdI è tenuto a comunicare tempestivamente ogni variazione riguardante le condizioni e i requisiti di accesso alla misura, pena la decadenza dal beneficio.

Nei nuclei composti da fratelli adulti, chi non lavora può richiedere l’AdI presentando un ISEE da solo?

Sì, Rispetto ai nuclei composti da fratelli adulti, uno dei quali lavora e l’altro è privo di reddito, è possibile che il fratello senza reddito richieda il beneficio presentando un ISEE da solo.

Secondo l’articolo 3, comma 1 del DPCM 159/2013, il nucleo familiare del richiedente una prestazione sociale agevolata è generalmente costituito dai soggetti componenti la “famiglia anagrafica” alla data di presentazione della Dichiarazione Sostitutiva Unica, come risulta dallo stato di famiglia rilasciato dai competenti uffici comunali di residenza, salvo eccezioni previste dalla normativa vigente in materia.

Pertanto, se i fratelli adulti vivono insieme nello stesso nucleo familiare, ma uno di loro è privo di reddito e soddisfa i requisiti per beneficiare di un sostegno economico, potrà presentare un ISEE individuale per ottenere il beneficio.

I tirocini con un importo superiore a 3000 euro annuo devono essere comunicati?

Sì, secondo l’articolo 3, comma 7 del Decreto-Legge 48/2023 convertito, con modificazioni, dalla Legge 3 luglio 2023, n. 85, i tirocini che prevedono indennità o benefici di partecipazione, comunque denominati, con un importo superiore a 3000 euro lordi annui devono essere comunicati. Inoltre, la cumulabilità di tali indennità o benefici con l’Assegno di Inclusione (ADI) è riconosciuta solo entro il limite massimo annuo di 3000 euro lordi. Qualsiasi importo che ecceda questa somma sarà tenuto in considerazione ai fini della determinazione dell’ammontare del beneficio spettante.

Va precisato che questa regola riguarda i tirocini assimilabili a politiche attive del lavoro. Per quanto riguarda i tirocini definiti come “tirocini di inclusione sociale” nelle “Linee-guida per i tirocini di orientamento, formazione e inserimento/reinserimento finalizzati all’inclusione sociale, all’autonomia delle persone e alla riabilitazione”, approvate con accordo in conferenza unificata Stato Regioni e Province autonome nella seduta del 22 gennaio 2015, la situazione può variare a seconda della legislazione regionale. Pertanto, si consiglia di approfondire la specifica legislazione regionale per comprendere come vengono trattati tali tirocini di inclusione e come influiscono sull’Assegno di Inclusione.

Il tirocinio di inclusione sociale decade insieme al RdC?

Il sostegno del tirocinio di inclusione sociale per un beneficiario del RdC che decade al 30 giugno decade insieme al beneficio oppure può essere ancora erogato considerando che alla firma del tirocinio il beneficiario ancora percepiva il RdC?

In base all’orientamento consolidato, la durata del tirocinio di inclusione sociale può eccedere la durata del beneficio economico (RdC). Pertanto, è possibile la prosecuzione del tirocinio per le persone che terminano di ricevere il RdC dopo aver percepito il beneficio per sette mensilità, essendo state avviate ai centri per l’impiego.

La continuazione del tirocinio di inclusione sociale può essere finanziata a valere sulla quota servizi del fondo povertà, nel caso in cui ciò sia già previsto o rappresenti una naturale prosecuzione del Patto di Inclusione Sociale già stipulato con il beneficiario.

Analoga risposta è stata data dal Ministero a chi ha chiesto se, per le progettualità del RdC legate ai tirocini di inclusione, che verranno attivate a settembre 2023, è necessario rifare le progettualità o si può far concludere i tirocini di inclusione nel corso del 2024.

I PUC valgono solo ai fini AdI o anche SFL?

In base a quanto stabilito nell’art. 12, comma 1 del decreto-Legge 48/2023 convertito, con modificazioni, dalla L. 3 luglio 2023, n. 85, i Progetti Utili alla Collettività, noti come PUC, rientrano tra le misure previste per il Supporto per la Formazione ed il Lavoro (SFL). Questi progetti sono definiti anche nell’articolo 6, comma 5-bis dello stesso decreto.

Di conseguenza, sia i beneficiari dell’AdI che i beneficiari del SFL possono avvalersi delle Prestazioni Utili alla Collettività come parte delle misure di supporto per favorire l’inserimento nel mondo del lavoro, l’acquisizione di competenze e l’inclusione sociale.

Per le attività di volontariato che assolvono i PUC l’impegno deve essere formalizzato?

Per ottenere il riconoscimento delle attività di volontariato in cui è impegnata la persona e che ricade come assolvimento PUC, ai fini dell’Assegno di Inclusione, l’impegno deve essere formalizzato. Non è sufficiente che la persona sia inserita nel registro dei volontari dell’Associazione, chiarisce il Ministero.

La partecipazione ai PUC è più obbligatoria come nel RdC? è a discrezione del Servizio indicarlo o meno nel patto di inclusione?

La partecipazione ai PUC è obbligatoria come nel RdC, o è a discrezione del Servizio indicarlo o meno nel patto di inclusione?

In base all’art. 6, comma 5 bis, decreto-Legge 48/2023 convertito, con modificazioni, dalla L. 3 luglio 2023, n. 85, nell’ambito del percorso personalizzato è possibile prevedere l’impegno alla partecipazione a progetti utili alla collettività, a titolarità dei comuni o di altre amministrazioni pubbliche a tale fine convenzionate con i comuni, in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo e di tutela dei beni comuni, da svolgere presso il comune di residenza, compatibilmente con le altre attività del beneficiario.

Con l’Assegno di Inclusione sarà introdotta una nuova piattaforma digitale?

Sì, sarà introdotta una nuova piattaforma digitale denominata Sistema Informativo per l’Inclusione Sociale e Lavorativa (SIISL). Questa piattaforma avrà lo scopo di consentire l’attivazione dei percorsi personalizzati per i beneficiari dell’Assegno di Inclusione (AdI), garantendo il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni e promuovendo percorsi autonomi di ricerca di lavoro e rafforzamento delle competenze da parte dei beneficiari. Inoltre, la piattaforma sarà utilizzata per finalità di analisi, monitoraggio, valutazione e controllo dell’AdI.

All’interno della piattaforma SIISL saranno presenti diverse informazioni per consentire ai beneficiari di seguire il proprio percorso di attivazione sociale e lavorativa. La piattaforma conterrà anche le attuali piattaforme GePI (Gestione Programmata Iniziative), MyAnpal e SIU (Sistema Informativo Unico).

In particolare, gli operatori dei Comuni continueranno ad operare sulla piattaforma GePI per gestire le attività legate all’ADI. La piattaforma SIISL rappresenterà un’importante risorsa per garantire una gestione integrata e coordinata delle politiche di inclusione sociale e lavorativa, facilitando il supporto e l’accompagnamento dei beneficiari verso l’autonomia e l’inclusione.

Da quando sarà disponibile la piattaforma SIISL?

I beneficiari del servizio formazione lavoro inizieranno ad utilizzare la piattaforma SIISL a partire dal 1° settembre 2023. Successivamente, a partire dal 1° gennaio 2024, si aggiungeranno i beneficiari dell’Assegno di Inclusione, che potranno accedere alla stessa piattaforma. In questo modo, la piattaforma SIISL diventerà uno strumento integrato per gestire sia i beneficiari del servizio formazione lavoro che quelli dell’AdI, facilitando la gestione e l’accompagnamento dei percorsi personalizzati per l’inclusione sociale e lavorativa.

Gestione utenze GePi

Per la misura dell’Assegno di Inclusione (AdI), le configurazioni degli utenti accreditati sulla piattaforma GePI rimarranno molto simili alle attuali configurazioni a livello comunale e di Ambito.

Accesso alla piattaforma GePi

L’accesso alla piattaforma GePI sarà consentito sia agli operatori dei Comuni che agli operatori delle Unioni dei Comuni a cui sono state conferite le funzioni dei servizi sociali. Questi operatori potranno gestire la futura misura di contrasto alla povertà utilizzando le stesse modalità di accesso e funzionamento attualmente previste per il Reddito di Cittadinanza.

I principi sanzionatori AdI e RdC sono differenti?

Sì. I principi sanzionatori introdotti dalla nuova misura AdI sono differenti da quelli della misura RdC: con l’AdI, la normativa non prevede più la decurtazione di mensilità del beneficio economico, come avveniva con il RdC. Invece, i principi sanzionatori riguardano la sospensione o la decadenza dall’Assegno di Inclusione Sociale. Ciò significa che se un beneficiario viola le condizioni o gli obblighi previsti dalla misura, potrà subire la sospensione temporanea o la perdita definitiva del beneficio dell’AdI.

Le convocazioni devono essere inviate formalmente con raccomandata A/R?

Un dubbio sollevato da molti, in tema di sanzioni per mancata presentazione alla convocazione presso i servizi sociali, riguarda la modalità di convocazione. In particolare viene richiesto se, anche con la nuova misura AdI, sia necessario che le convocazioni siano inviate formalmente con raccomandata A/R?

La risposta del Ministero è no: con la nuova misura AdI non è necessario che le convocazioni presso i servizi sociali vengano inviate formalmente con raccomandata A/R.

La convocazione dei beneficiari attivabili al lavoro, nonché dei richiedenti la misura e dei relativi nuclei beneficiari, può avvenire tramite la piattaforma di attivazione o attraverso altri mezzi, come la messaggistica telefonica o la posta elettronica. Questo può essere fatto utilizzando i contatti forniti dai beneficiari stessi secondo modalità definite con accordo in sede di Conferenza unificata, come previsto dall’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.