Un salario minimo fissato a 9 euro orari avrebbe conseguenze positive sul reddito degli italiani, aumentando le entrate mensili a circa 3 milioni di lavoratori attivi con contratti poco tutelati.
Ad affermarlo è stata l’Istat, nel corso dell’audizione presso la Commissione Lavoro nell’ambito dell’esame della proposta di legge sulle disposizioni in materia di salario minimo, finalizzata all’attuazione dell’articolo 36 della Costituzione in materia di giusta retribuzione precisandone criteri e principi direttivi (applicazione, trattamento economico, rivalutazione, sanzioni).
Retribuzioni in Italia: 3 milioni di salari sotto i 9 euro
Secondo i dati dell’Istituto nazionale di statistica, in Italia sono circa 5 milioni le persone che lavorano contando su tutele limitate per quanto riguarda l’orario di lavoro, la durata dei contratti e gli stipendi in base alle retribuzioni tabellari.
In pratica, portando il salario minimo a 9 euro lordi all’ora, l’aumento sarebbe pari a 804 euro annui, in alcuni casi aumentato fino a 1500 euro annui per chi percepisce tra 13.550 e 18mila euro all’anno.
Considerando il salario minimo portato a 10 euro, addirittura, la quota dei lavoratori che potrebbero trarne vantaggio dal punto di vista retributivo salirebbe fino a 5,2 milioni.
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Chi ci guadagnerebbe con il salario minimo per legge
I rapporti di lavoro che prevedono al momento una retribuzione inferiore a 9 e 10 euro, ha spiega Nicoletta Panuzi in audizione, sono quelli degli apprendisti e operai di alcuni settori specifici: altre attività di servizi; noleggio, agenzie di viaggio e servizi di supporto alle imprese; attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento; servizi di alloggio e ristorazione.
Quali sono oggi le fasce di lavoratori con gli stipendi più bassi
I rapporti di lavoro con le retribuzione inferiori alla media si registrano ancora tra le donne e giovani, nonostante le leggi contro la disparità salariale.
Penalizzati anche i lavoratori delle Regioni del Sud e Isole, dove il maggior potere d’acquisto rispetto al costo locale della vita non costituisce una buona merce di scambio in fase di contrattazione stipendiale nel settore privato.
Non solo: come rileva l’Istat, esiste un sottobosco di lavoratori vulnerabili che non hanno garanzie salariali perchè privi di contratti a tempo pieno e indeterminato.
Contratti con soglie retributive sotto la media
Secondo l’Istat, sono circa 5 milioni gli occupati italiani che si collocano contrattualmente al di fuori degli standard in base ai quali avrebbero la garanzia di un salario lordo orario di almeno 9-10 euro.
Si tratta di lavoratori con contratti precari, a tempo determinato, part-time o non regolarmente tutelati. Tra questi soggetti, 802mila sono dunque vulnerabili sia come paga oraria sia come contratto, e sono soprattutto giovani e donne.
I lavoratori più vulnerabili in Italia
In conclusione, i lavoratori più a rischio – per contratto e per stipendio – sono i giovani fino a 34 anni (nel 40% dei casi) e le donne (quasi il 30%).
Vulnerabili dal punto di vista salariale sono anche gli stranieri, i lavoratori con basso livello di istruzione e i residenti nel Mezzogiorno.