Istat: il lavoro in Italia tra stipendi al palo e talenti in fuga

di Teresa Barone

11 Luglio 2023 12:10

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Il rapporto annuale Istat fotografa il mercato del lavoro in Italia: retribuzioni inferiori alla media UE, espatrio dei giovani laureati.

Nonostante lo scenario internazionale ancora caratterizzato da forti criticità, nel 2022 l’Italia ha assistito a un progressivo recupero dell’attività produttiva e non mancano i segnali positivi per il PIL.

Questo è quanto emerge dal “Rapporto annuale 2023. La situazione del Paese” presentato da Istat, che fornisce dati utili anche per scattare una fotografia recente del mercato del lavoro.

Il deterrente demografico

In Italia gli effetti dell’invecchiamento della popolazione sono ormai evidenti, con effetti negativi sul tasso di crescita del PIL pro capite. La prospettiva futura prevede un calo di 5 milioni di residenti tra il 2021 e il 2050, con oltre 6 milioni di over 80 e 1,4 milioni di over 90 nel 2041.

Nel corso del 2022, tuttavia, il numero di occupati è cresciuto del 2,4%, aumento che ha compensato il crollo occupazionale registrato nel 2020, sebbene il valore sia inferiore a quello conseguito dai principali paesi europei e dell’Ue27.

L’occupazione in ripresa

Focalizzando l’attenzione sull’occupazione giovanile (25-34 anni), nel 2022 risultano occupati quasi 8 giovani su 10 nel Centro-Nord e 5 circa nel Mezzogiorno. Sul fronte delle retribuzioni, in particolare, il rapporto Istat mostra come i lavoratori italiani guadagnino circa 3.700 euro l’anno in meno rispetto alla media dei colleghi europei, cifra che sale fino a 8mila euro se si prendono in considerazione i lavoratori tedeschi.

Se la retribuzione media annua lorda è pari a quasi 27 mila euro per dipendente, questa è inferiore del 12% a quella media UE a parità di potere d’acquisto. Nell’ultimo anno, inoltre, la crescita totale delle retribuzioni lorde annue per dipendente è stata del 12%, nettamente più bassa della media europea.

Il rapporto, infine, fa luce anche sul fenomeno della fuga dei talenti: gli espatri dei giovani laureati, se irreversibili, conducono a una immane perdita di capitale umano, basti pensare che nel 2021 il tasso di espatrio per i laureati di 25-34 anni è stato pari al 6,7 per mille per le donne e 9,5 per mille per gli uomini.