Fra le nuove misure di Governo volte a ridurre le tasse dei lavoratori, oltre al taglio di quattro punti nel cuneo fiscale, c’è un innalzamento a 3mila euro del tetto massimo per i fringe benefit concedibili ai dipendenti con figli a carico, mentre per gli altri il tetto massimo resta quello ordinario di 258,3 euro. L’agevolazione si applica limitatamente al periodo d’imposta 2023.
Vediamo come funziona e a quali tipologie di welfare aziendale si applica.
Come cambiano i fringe benefit e per chi
La novità è contenuta nell’articolo 40 del dl 48/2023. Come detto, riguarda solo i lavoratori dipendenti con figli, compresi i nati fuori dal matrimonio, riconosciuti, figli adottivi o affidati. In tutti i casi, la condizione è che siano a carico (quindi, con reddito massimo di 2.840,51 euro, oppure 4mila euro se hanno meno di 24 anni).
Per questa platea di lavoratori dipendenti, la quota annuale di fringe benefit (prestazione di welfare aziendale esentasse) può arrivare fino a 3mila euro in luogo dei 258,3 ordinariamente previsti (che restano tali per tutti gli altri lavoratori dipendenti).
Sono compresi fra i fringe benefit esentasse fino a 3mila euro anche le somme eventualmente erogate o rimborsate dai datori di lavoro per le bollette: luce, gas e servizio idrico integrato.
La procedura applicativa aziendale
In base alla formulazione dell’articolo, non si prevedono nuove istruzioni applicative da parte dell’Agenzia delle Entrate vincolanti per l’entrata in vigore. Quindi, la misura dovrebbe essere già applicabile (il decreto è in vigore dal 5 maggio). Il testo della norma prevede però alcune precise indicazioni procedurali:
- i datori di lavoro provvedono all’attuazione della norma «previa informativa alle rappresentanze sindacali unitarie laddove presenti»;
- il lavoratore dichiara al datore di lavoro di avere diritto al beneficio, indicando il codice fiscale dei figli.
Quindi, nelle aziende con rappresentanze sindacali ci vuole un passaggio informativo con le stesse. In tutti i casi, per poter applicare l’agevolazione, il datore di lavoro non deve fare alcuna verifica sulla presenza di figli e sul fatto che siano o meno a carico (condizioni necessarie per il diritto all’innalzamento dei fringe benefit a 3mila euro). Deve però avere una dichiarazione del lavoratore sul possesso dei requisiti, con l’indicazione del codice fiscale dei figli.
La norma non indica necessariamente la forma scritta per queste attestazioni da parte del dipendente, quindi si può supporre che le imprese possano attivare liberamente la procedura che ritengono.
Attenzione però: l’esenzione vale solo fino a quando il valore dei benefit non supera il tetto massimo (258,3 oppure 3mila euro). Se invece è più alto, l’intera somma corrispondente al benefit diventa soggetta a tassazione.
Le regole generali sui fringe benefit
Per i lavoratori che non rientrano nella platea di aventi diritto (quindi, che non hanno figli a carico), restano le normali regole sui fringe benefit, esentasse quindi fino a 258,3 euro. Il riferimento normativo è il comma 3 dell’articolo 51 del Tuir, testo unico imposte sui redditi.
I fringe benefit sono sostanzialmente beni o servizi che l’azienda versa ai dipendenti in base ai piani di welfare aziendali. Alcuni fra i più diffusi in realtà sono fuori dal tetto massimo dei 258,3 euro (o dei 3mila euro per il 2023 ai dipendenti con figli a carico): i buoni benzina hanno un limite autonomo, pari a 200 euro, i buoni pasto sono esentasse fino a 4 euro al giorno (se cartacei) o fino a 8 euro al giorno (se digitali). Possono invece rientrare fra i fringe benefit altri beni o servizi che vengono messi a disposizione del dipendente.