L’ultimo rapporto Censis-Ugl dedicato all’incontro tra domanda e offerta di lavoro, presentato nei giorni scorsi, mette in evidenza le conseguenze dell’aumento del gap che nella pratica incide su disoccupazione e precariato ma anche su povertà e posizioni finanziarie scoperte, soprattutto ai danni dei più giovani.
Overeducation in ambiti poco occupabili
Nello studio dal titolo “Il lavoro è troppo o troppo poco? Restituire valore e dignità al lavoro per superare contraddizioni e paradossi”, viene messo in evidenza come le imprese dichiarino di avere difficoltà a soddisfare i loro fabbisogni occupazionali.
In Italia i laureati sono pochi e tra questi prevalgono i titoli di studio conseguiti nelle discipline umanistiche, della formazione, dell’insegnamento e del gruppo psicologico, mentre il prossimo anno mancheranno a oltre 12mila medici e laureati in professioni sanitarie, oltre 8mila del gruppo economico e statistico, più di 6mila STEM, oltre 3mila laureati in discipline giuridiche e politico-sociali.
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Il mancato allineamento tra il livello di studi raggiunto e la professione svolta riguarda tuttavia un lavoratore su quattro, un fenomeno inversamente proporzionale all’età. Considerando che l’Italia è l’unico dei Paesi Ocse che ha avuto una riduzione delle retribuzioni negli ultimi trent’anni, non stupisce apprendere che il 47,3% degli italiani dichiara di voler lasciare la patria per trasferirsi all’estero.
L’obiettivo prioritario del Paese dovrebbe invece essere quello di trattenere in patria la forza lavoro, facendo coincidere la domanda con l’offerta.