Taglio del cuneo fiscale, nuovi strumenti sostitutivi del reddito di cittadinanza, stretta sulle causali nei contratti a termine, ma anche novità in materia di contratto di espansione e pensioni. Sono i capitoli fondamentali di cui si compone il Decreto Lavoro allo studio del Governo, che si prepara ad approvarlo in Consiglio dei ministri lunedì primo maggio.
Ci sono alcune misure ormai definite con una certa precisione, per esempio in materia di reddito di cittadinanza, mentre su altri fronti l’impressione è che il dibattito interno all’esecutivo sia ancora in corso, in particolare sulle pensioni (si parla di novità sull’Opzione Donna, oppure di innalzamento delle pensioni minime, o ancora di novità sull’Ape sociale).
Vediamo con precisione quali sono le misure che sembrano più certe e quelle su cui invece è prudente aspettare il testo definitivo.
Nuovo taglio del cuneo fiscale
Il taglio del cuneo fiscale è stato annunciato dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, quindi non ci sono dubbi sul fatto che sarà uno dei piatti forti del decreto Lavoro.
Ci sono però diverse ipotesi su come la misura verrà calibrata. Si rivolgerà, in base alle anticipazioni, a redditi da lavoro dipendente fino a 35mila euro.
Due le ipotesi maggiormente gettonate: un taglio orizzontale di un punto percentuale, oppure una riduzione maggiormente selettiva, che potrebbe essere pari al 2% per i redditi più bassi (per esempi fino a 25mila euro) e di due punti invece per la fascia successiva.
In base alle anticipazioni, il taglio sarà interamente a favore del lavoratore (nel senso che non riguarderà la contribuzione dovuta dal datore di lavoro). La Banca d’Italia calcola un aumento medio in busta paga intorno ai 200 euro all’anno.
Tre nuovi strumenti al posto del reddito di cittadinanza
Sulla riforma del reddito di cittadinanza, ufficialmente in pensione dal 1° gennaio 2024, le anticipazioni sono relativamente concordi nell’indicare le seguenti misure sostitutive dell’attuale strumento, due delle quali adottate in via definitiva dal prossimo anno (GIL e GAL) ed una in via transitoria da settembre fino a fine anno (PAL):
- GIL: sta per garanzia per l’inclusione, ed è una prestazione che spetterà ai profili non occupabili. Dovrebbe essere analoga al reddito di cittadinanza, sia a livello di importo (con un massimo di 780 euro al mese per chi vive in affitto), e durare 18 mesi. In pratica, i destinatari di questa nuova Gil saranno gli unici per i quali resta quello che oggi si chiama reddito di cittadinanza. Ci sono diverse ipotesi sulle soglie ISEE che determinano l’ammissibilità a questa prestazione (insieme ad altri requisiti relativi alla non occupabilità): si parlava di 9mila 360 euro (è il tetto per l’attuale Rdc), non si esclude però un abbassamento che determinerebbe un restringimento della platea.
- PAL: è una nuova Prestazione di accompagnamento al lavoro che entrerà in vigore in via transitoria dopo agosto, attivabile da coloro che hanno terminato di fruire del Rdc e hanno già siglato un Patto per il lavoro presso i centri per l’impiego. La somma sarà più bassa di quella del Rdc (si parla di 350 euro al mese);
- GAL: Garanzia per l’attivazione lavorativa che riguarderà invece chi è in condizione di lavorare, ed è sotto determinate soglia ISEE (si parla di un tetto di 6mila euro).
Contratti a termine, nuove causali dopo i primi 12 mesi
Caldo il capitolo dei contratti a tempo determinato, dove il punto fondamentale sono le causali. Restano la possibilità di firmare contratti a termine fino a 12 mesi senza causali, mentre per periodi più lunghi cambiano le regole. Si parla di una standardizzazione delle causali, legate alla contrattazione collettiva.
In particolare sarebbe tre le motivazioni con cui si potrà rinnovare un contratto a termine oltre il primo anno: ipotesi previste dai contratti collettivi, esigenza organizzative, tecniche o produttive da concordare con le rappresentanze sindacali (in assenza di specifiche previsioni contrattuali), o infine sostituzione di lavoratori.
Dibattito sulle pensioni
In divenire le misure previdenziali. Ci sono ipotesi di innalzamento delle pensioni minime (ulteriore rispetto a quella già previsto dalla Legge di Bilancio). Qui, sottolineiamo che c’è una risoluzione di maggioranza presentata oggi alla Camera che in ogni caso chiede al Governo l’impegno ad aumentare le pensioni minime nella prossima Legge di Bilancio, se ci saranno le risorse per farlo.
Nei giorni scorsi si parlava di una possibile revisione delle riforma dell’Opzione Donna contenuta nella manovra 2023 (che ha irrigidito i paletti), ma sembra che questa strada alla fine non verrà percorsa. Ci sono invece nuove indiscrezioni che parlano di un intervento sull’APE Sociale, ma per il momento su questo non ci sono particolari dettagli.
Le altre misure del decreto Lavoro
- Contratto di espansione: attualmente è previsto fino al 31 dicembre 2023, il decreto Lavoro potrebbe prorogarlo per altri due anni, fino al 2025. Il contratto di espansione consente di incentivare l’esodo dei lavoratori più anziani, a cui mancano al massimo cinque anni al raggiungimento della pensione, a fronte di nuove assunzioni. E’ uno strumento utilizzabile dalle imprese con almeno 50 dipendenti, sono previste procedure specifiche anche di consultazione con le rappresentanze sindacali.
- Nuove assunzione agevolate: sgravi contributivi per le imprese che assumono disoccupati che percepiscono gli strumenti sostitutivi del reddito di cittadinanza, oppure giovani Neet (che non studiano e non lavorano) under 30.
- Assegno unico: attesa l’estensione della maggiorazione per le famiglie in cui entrambi i genitori lavorano ai nuclei in cui c’è un solo genitore, che deve essere un lavoratore.