Il costo orario del lavoro in Italia (29,4 euro) si colloca di poco sotto la media europea (30,5 euro all’ora fra i 27 partner dell’Unione e a 34,3 euro nell’Eurozona), fra gli Stati di metà classifica secondo le rilevazioni Eurostat.
Il parametro misurato non si riferisce al cuneo fiscale ma al costo totale di un lavoratore per un’azienda (retribuzione ed elementi connessi, come prestazioni di welfare, contribuzione e tasse).
In Italia il costo totale del lavoro per le aziende è più basso rispetto a quello di Francia e Germania, ma la sola quota dei costi non salariali è pari al 27,8% (al terzo posto dopo Francia e Svezia). I dati fotografano in effetti un’Europa a più velocità su questo fronte, con una forbice ampia che va dal Lussemburgo (dove un lavoratore costa circa 50 euro all’ora) alla Bulgaria (8,2 euro).
Il confronto tra Italia e principali economie Ue:
- Bulgaria: 8,2 euro
- Romania: 9,5 euro
- Portogallo: 16,1 euro
- Spagna: 23,5 euro
- Italia: 29,4 euro
- Finlandia: 35,9 euro
- Irlanda: 37,9 euro
- Austria: 39 euro,
- Germania: 39,5 euro
- Svezia: 40,1 euro,
- Olanda: 40,5 euro
- Francia: 40,8 euro
- Belgio: 43,5 euro,
- Danimarca: 46,8 euro
- Lussemburgo: 50,7 euro
Nel 2022 si è registrato un aumento su base annua del costo del lavoro (in media del 5% nell’UE e del 4,7% nell’area Euro) in tutti gli Stati dell’euro, con punte in Lituania (+13,3%), Irlanda (+9,3%) ed Estonia (+9,1%), mentre fuori dalla moneta unica i rialzi maggiori si sono verificati in Bulgaria (+15,3%), Ungheria (+13,9%), Romania (+12,2%) e Polonia (+11,7%). Con l’eccezione dell’Irlanda, sono tutti paesi in cui il livello delle retribuzioni e di tutte le voci connesse è basso rispetto alla media.
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L’aumento 2022 rispetto all’anno precedente è da attribuire anche al fatto che nella maggior parte dei Paese europei si è gradualmente affievolita l’entità degli aiuti Covid, che avevano sostenuto le imprese nel periodo pandemico.