Il mercato del lavoro si è ormai lasciato alle spalle il periodo pandemico, con le dinamiche tornate ai livelli pre-Covid. Lo scorso anno sono aumentate tutte le tipologie di assunzioni (tempo indeterminato, contratti a termine, apprendistato, stagionali) e diminuite le cessazioni come conseguenza del blocco dei licenziamenti previsto gli anni dell’emergenza, con un confronto sul 2019 che rileva invece una flessione. Sono le principali evidenze contenute nell’Osservatorio annuale sul precariato INPS.
Le assunzioni lo scorso anno sono state oltre 8 milioni, con un aumento dell’11% rispetto al 2021. La crescita ha interessato tutte le tipologie contrattuali: a tempo indeterminato (+18%), a termine (intermittenti +16%, apprendistato +11%, tempo determinato e stagionali +10%, somministrati +5%).
Per quanto riguarda l’impatto delle agevolazioni, le attivazioni di rapporti di lavoro incentivati lo scorso anno hanno presentato una variazione positiva rispetto all’anno precedente, pari al 10%. In calo però sia l’esonero giovani sia l’incentivo donne. In entrambi i casi le contrazioni risultano dipendenti dalla fine (al 30 giugno) dell’agevolazione contributiva totale, essendo rimasta attiva solo l’agevolazione parziale (50% dei contributi per un max di 36 mesi).
La dinamica per dimensioni aziendali è stata più accentuata sopra i 15 dipendenti: oltre il 17% delle assunzioni sono avvenute nelle imprese da 16 a 99 dipendenti, attorno al 15% nelle società con oltre 100 dipendenti. Per le piccolissime imprese (fino a 15 dipendenti) l’incremento è stato limitato al 4%.
L’incidenza del part-time è rimasta stabile nell’insieme delle assunzioni a termine (37%) mentre è diminuita nelle assunzioni a tempo indeterminato, dove è scesa dal 35% al 32%.
Le trasformazioni dei contratti da tempo determinato e indeterminato sono risultate 751mila, in forte e continuo aumento rispetto allo stesso periodo del 2021 (+43%). Contemporaneamente anche le conferme di rapporti di apprendistato giunti alla conclusione del periodo formativo – pari a 114mila – risultano essere aumentate rispetto all’anno precedente, seppur con un modesto +4%.
Per quanto riguarda le cessazioni (7 milioni 617mila), il numero è aumentato sul 2021, +16%, soprattutto a causa dei licenziamenti per motivi economici, in crescita del 14%. L’INPS rileva però che fino al 30 giugno 2021, per gran parte dell’industria, e fino al 31 ottobre 2021, per il terziario e il resto dell’industria, i licenziamenti economici erano bloccati dalle normative anti Covid. Quindi, si sono poi concentrate nel 2022. Risulta quindi più pertinente il confronto con il 2019, che per i licenziamenti economici rileva una contrazione del 25%. Attenzione: risultano invece in crescita rispetto al 2019 (+44%) i licenziamenti disciplinari.
Infine, le dimissioni da rapporti di lavoro a tempo indeterminato registrano un incremento del 10% rispetto al 2021 e del 24% rispetto al 2019.
Il saldo fra assunzioni e cessazioni è stato positivo per 441mila posizioni di lavoro. Per il tempo indeterminato la variazione risulta pari a +336.000 unità mentre per l’insieme delle altre tipologie contrattuali la variazione è pari a +105.000 unità (dettagliatamente: +43.000 per i rapporti a tempo determinato, +32.000 per gli intermittenti, +18.000 per gli apprendisti, +6.000 per gli stagionali e i somministrati).