La Commissione UE ha aperto una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia perché il Reddito di Cittadinanza indirettamente discrimina tra lavoratori italiani ed europei. Criticità anche per quanto riguarda l’Assegno unico per figli a carico, riservato alle persone che risiedono in Italia da due anni e solo se conviventi con i figli.
Reddito di Cittadinanza discriminatorio
Il Governo ha due mesi per motivare la sua scelta di inserire, tra i requisiti principali per l’accesso al sussidio, la residenza da 10 anni nel nostro Paese (con almeno due anni consecutivi prima di fare domanda), condizione che per forza di cose penalizza i cittadini stranieri rispetto a chi è nato in Italia.
Il Regolamento 2011/492 e la Direttiva 2004/38/CE stabiliscono infatti he le prestazioni di assistenza sociale (come il RdC) siano pienamente accessibili a tutti i cittadini dell’Unione Europea che si trovino nella condizione di lavoratori subordinati, autonomi o che abbiano perso il lavoro, indipendentemente dalla loro storia di residenza. Secondo le regole UE, il requisito di residenza dovrebbe limitarsi a 3 mesi.
Tra l’altro, anche la direttiva 2003/109/CE prevede infine che i soggiornanti di lungo periodo al di fuori della UE possano accedere alla prestazione sociale.
La procedura d’infrazione mira dunque a tutelare il principio di libera circolazione dei lavoratori intra-UE, che nei confronti delle condizioni di accesso al RdC non sono dunque tutti uguali. Ma non solo:
il regime italiano di reddito minimo discrimina direttamente i beneficiari di protezione internazionale, che non possono beneficiare di tale beneficio, in violazione della direttiva 2011/95/UE.
Un ultima considerazione espressa dalla Commissione: lo stringente requisito di residenza potrebbe impedire agli italiani di trasferirsi per lavoro all’stero, perchè in questo modo perderebbero il diritto al sussidio una volta rientrati.
Assegno Unico figli troppo restrittivo
Procedura d’infrazione anche nei confronti del nuovo assegno familiare per figli a carico (l’Assegno unico erogato dall’INPS): possono beneficiarne solo le persone che risiedono da almeno due anni in Italia, e solo se convivono con i figli. Secondo la Commissione UE, tali condizioni violano le direttive e i regolamenti UE perchè poggiano su una discriminazione di fondo: la differenza di trattamento tra Italiani e cittadini UE.
Tra l’altro, così come per il RdC, le regole di coordinamento per la sicurezza sociale vietano qualsiasi requisito di residenza per ricevere prestazioni come gli assegni familiari.
Anche in questo caso, pertanto, l’Italia ha due mesi per rispondere alle osservazioni della Commissione: in caso contrario, l’istituzione europea potrà decidere di inviare un parere motivato.