La prima novità è che il tetto dei fringe benefit aziendali è salito a 3mila euro grazie al DL Aiuti quater, la seconda è che la Legge di Bilancio 2023 detassa al 5% i premi di produttività fino alla stessa soglia anche per i premi di produzione.
Nel primo caso il beneficio si è intervenuto sul limite annuo 2022, nel secondo caso si agevolano i premi e le somme erogati nell’anno 2023, ai quali si applica una tassazione separata con aliquota dell’imposta sostitutiva ridotta al 5% dal precedente 10%.
Cerchiamo di capire che differenza c’è tra le due misure novità e a quali aziende conviene erogare il bonus esentasse ai dipendenti in forma di fringe benefit oppure il premio di produzione a tassazione ridotta
Fringe benefit 2022 esentasse fino a 3mila euro
Partiamo dalla prima misura, che si inserisce nel quadro dei sostegni ai lavoratori per fronteggiare il caro energia con l’innalzamento nell’anno 2022 del tetto dell’esenzione fiscale dei fringe benefit aziendali fino a 3mila euro. Si tratta di una misura di welfare che punta a rendere più pesanti gli stipendi dei lavoratori, attraverso il rimborso anche delle utenze (acqua, luce e gas).
Limitatamente all’anno 2022, non concorrono a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti, e le somme erogate o rimborsate dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale entro il limite complessivo di 3mila euro.
- La misura si può applicare ai fringe benefit corrisposti fino al 12 gennaio 2023;
- se in sede di conguaglio il valore dei benefit risulta superiore alla quota massima per l’esenzione, il datore di lavoro assoggetta a tassazione ordinaria l’intera somma corrisposta (non solo la parte che supera il tetto);
- il fringe benefit sulle bollette può essere usato anche per utenze fatturate nel 2023 purché riguardino consumi 2022.
Fringe benefit come bonus in busta paga
L’erogazione dei fringe benefit non è obbligatoria ma può convenire alle aziende che vogliono riconoscere una parte di retribuzione senza pagarvi sopra le tasse.
In pratica, per premiare un lavoratore o per rispondere ad una richiesta di aumento di stipendio, l’azienda può invece erogare una somma in busta paga a titolo di fringe benefit, con doppio vantaggio fiscale: per il dipendente la somma aggiuntiva non contribuisce al reddito annuo (e quindi non aumentano le tasse complessive), per il datore di lavoro diventa una sorta di quota retributiva annua (extra, sia ben chiaro) su cui non paga tassazione ordinaria.
Non è difficile immaginare che un’azienda possa erogare ai dipendenti una congrua somma a titolo di fringe benefit a fine anno, magari al posto di un premio aziendale o una gratifica natalizia, laddove l’alternativa risulti fiscalmente più onerosa per le casse aziendali.
Il fringe benefit non è una tredicesima detassata
Per il Ministro del Lavoro, Marina Calderone, i 3mila euro esentasse si prestano a divenire una sorta di integrazione della tredicesima mensilità, ma deve essere ben chiaro che nessun datore di lavoro è obbligato ad erogare fringe benefit né tanto meno arrivare a tale soglia. Un riferimento analogo era stato fatto dalla premier Giorgia Meloni durante la conferenza stampa di presentazione del provvedimento, definendo l’innalzamento del tetto dei fringe benefit come una sorta di tredicesima aggiuntiva detassata
Quindi, il fringe benefit 2022 fino a 3mila euro è visto dal Governo come un contributo che il datore di lavoro può (senza alcun obbligo), erogare in busta paga senza che tale somma sia rilevante ai fini fiscali o contributivi. Tuttavia è bene non confondere le due misure: una è opzionale e rientrante nelle misure di welfare aziendale, l’altra è obbligatoria se prevista dal contratto nazionale ed è già conteggiata nella RAL annuale, soggetta a tassazione ordinaria.
Premi di produzione fino a 3mila euro tassati al 5%
E veniamo alla seconda misura, questa volta prevista per il 2023 e definita dalla premier una flat tax per i dipendenti: si tratta in realtà dei premi di produttività erogati a fine anno. Anche in questo caso, però, esattamente come per i fringe benefit, non c’è alcun obbligo da parte dell’azienda di erogarli né alcun diritto da parte del dipendente di richiederli.
Per cui, nonostante la convenienza fiscale per entrambe le parti (per il lavoratore si traduce in una parte aggiuntiva di retribuzione annua tassata meno della RAL ordinaria e per l’azienda il premio di produzione può essere considerato come un incentivo economico o una gratifica che certamente costa meno di un aumento in busta paga), parlare di flat tax al 5% sembra davvero una piccola beffa per i lavoratori.
Misure a confronto
Rispetto ai finge benefit (esentasse fino a una certa franchigia, che per il 2022 è stata portata a 3mila euro dagli ordinari 258 euro) i premi di produzione sono meno convenienti dal momento che non sono del tutto esentasse seppur godano di imposta ridotta (nel 2023 sono tassati al 5% fino a 3mila euro e al 10% oltre tale cifra), ma la loro applicabilità è più ampia e meno vincolata.
In pratica, qualunque azienda può erogare un premio a uno o più lavoratori, mentre con il fringe benefit esistono vincoli più stringenti legati alla motivazione dell’erogazione, alla natura del bene o somma erogata ed alla platea dei destinatari.
Non solo: al momento non vi è notizia di una proroga al 2023 dell’estensione a 3mila euro (comprese le bollette) di fringe benefit detassati, per cui – a meno di non aver ancora aperti i bilanci – pare difficile scegliere questa opzione, arrivata metà novembre quando ormai l’anno è quasi chiuso. E quando per l’anno da venire resta solo la seconda opzione, ossia il premio di produzione, sempre che le casse aziendali possano permetterselo in tempi difficili come quelli attuali.
Certamente, è un buon modo per gratificare i dipendenti più meritevoli ai quali non è sostenibile per l’azienda concedere un aumento di stipendio.