La Riforma Pensioni attesa in autunno potrebbe contenere la proroga dell’Opzione Donna 2023: vista la stasi che da mesi caratterizza il confronto sul tema tra Governo e Sindacati, sembra plausibile che nella bozza di Legge di Bilancio, che prenderà corpo da fine settembre, si ripeta il copione dello scorso anno, con poche formule “ponte” da riproporre o prorogare, al massimo con qualche “concessione” in più, come ad esempio è avvenuto per i gravosi con accesso all’APE Sociale.
Basandosi sulle poche dichiarazioni ufficiali in merito alla riforma pensioni 2023, nelle intenzioni del Ministro del Lavoro, Andra Orlando ci sarebbe proprio il rinnovo dell’Opzione Donna, che potrebbe addirittura divenire strutturale, ossia una misura permanente, permettendo alle donne di andare in pensione a 58/59 anni (per dipendenti e autonome, rispettivamente) con 35 anni di contributi.
Si tratta di una delle formule più convenienti per le casse dello Stato, dal momento che comporta una forte penalizzazione sull’assegno (il ricalcolo interamente contributivo, in alcuni casi comporta un taglio dell’assegno di oltre il 20%, senza contare le finestre mobili (12/18 mesi per dipendenti e autonome) per la decorrenza del trattamento.
Una forma di flessibilità in uscita “a costo contenuto”, che non mina la sostenibilità del sistema previdenziale come farebbe la Quota 41 per tutti, proposta dai Sindacati ma non apprezzata dal Governo per la sua eccessiva dispendiosità.
Da capire anche quale destino potrà avere la Quota 102 (pensione a 64 anni con 38 di contributi), che a sua volta scade a fine anno ma che non promette grandi successi e adesioni, se si considera che la stessa Quota 100 (pur più conveniente in termini di requisiti) non ha centrato gli obiettivi prefissati, in buona parte legati ad un ricambio generazionale.
L’Opzione Donna è stata finora una delle formule di pre-pensionamento più utilizzate nonostante la forte penalità economica. Il motivo? Intercetta una fascia di lavoratori fortemente motivata, che intravede l’uscita dal mondo del lavoro, anche con un assegno inferiore a mille euro al mese, come un’ancora di salvezza in un mercato sempre più complesso ed uno scenario economico sempre più incerto. Per citare lo stesso Orlando:
Il lavoro per la donna è sempre doppio e il riconoscimento dei percorsi che portano alla pensione dovranno includere questo dato.
C’è un altro argomento a favore della tesi che vede la proroga dell’Opzione Donna 2023 inserita nella Manovra economica per il prossimo anno: il Governo ha più volte ribadito l’intenzione di muovere verso un sistema pensionistico che privilegi il sistema contributivo. Ed in questo senso, l’Opzione Donna ha fatto da apripista, accettando il compromesso della rinuncia alla quota retributiva pur di guadagnare l’agognata uscita dal mondo del lavoro.
Ricordiamo che, al momento, per esercitare l’Opzione Donna ci vogliono 35 anni di contributi effettivi ed un’età pari a 58 anni se dipendenti (classe 1963) e 59 anni se autonome (classe 1962) maturati entro il 31 dicembre 2021. L’ultima finestra è quella per autonome le nate a dicembre del 1962, per le quali la prima decorrenza utile cade a luglio 2023, e per le dipendenti nate a dicembre del 1963, con prima decorrenza a gennaio 2023. Se si stabilisse una proroga, sarebbero ammesse anche le dipendenti del 1964 e le autonome del 1962.