Il tema delle pensioni suscita sempre molto interesse e genera tanti dubbi tra chi si trova al primo impiego, chi ha già una carriera avviata o è prossimo al lasciare il mondo del lavoro. Questo, anche a fronte dei numerosi cambiamenti introdotti negli ultimi anni.
Di fondo, i quesiti si raggruppano in due macro-temi: la stima della prima decorrenza utile per la pensione ed il calcolo dell’assegno previdenziiale. Vediamo dunque di capire come si calcola l’importo della pensione caso per caso, rispondendo alle principali FAQ sul tema.
Come calcolare la mia pensione netta?
La pensione è una prestazione economica equiparata al reddito da lavoro dipendente e pertanto soggetta a tassazione IRPEF al pari dello stipendio. Questo significa che nel cedolino si trova – come nella busta paga – indicazione sia dell’importo lordo che del netto pagato dall’INPS. Quest’ultimo, in qualità di sostituto di imposta, effettua una ritenuta alla fonte a titolo di imposta sul reddito delle persone fisiche, esattamente come fa il datore di lavoro sulla busta paga con lo stipendio netto del dipendente.
=> Come calcolare la pensione netta: importo, assegno e decorrenza
A tutte le prestazioni previdenziali, dirette ed indirette, ad esclusione delle prestazioni assistenziali come le pensioni sociali, gli assegni sociali e le prestazioni agli invalidi civili, ciechi e sordomuti, che sono esentasse, si applica quindi la tassazione basata su scaglioni IRPEF. Ricordiamo che, a seguito della Riforma IRPEF, oggi in Italia ci sono 4 fasce di reddito (scaglioni IRPEF):
- scaglione (redditi fino a 15mila euro): aliquota IRPEF 23%;
- scaglione (redditi 15-28mila euro): aliquota IRPEF 25%;
- scaglione (redditi 28-50mila euro): aliquota IRPEF 35%;
- scaglione (oltre 50mila euro): aliquota IRPEF 43%.
Quali sono le detrazioni IRPEF sulla pensione?
Ai redditi da pensione si applicano specifiche detrazioni di imposta (che differiscono rispetto a quelle previste per i redditi dal lavoro dipendente):
- fino a 8.500 euro di reddito da pensione (no tax area) spettano fino a 1.955 euro di detrazione IRPEF (e non meno di 713 euro);
- tra 8.500 e 28.000 euro spetta una detrazione pari al rapporto tra 700+(1.955-700)*(28.000-reddito) e (28.000-8.500);
- tra 28.000 e 50.000 euro spetta una somma pari a 700 euro moltiplicati per (50.000-reddito)/50.000-28.000);
- oltre i 50.000 non spettano detrazioni.
Queste detrazioni devono essere rapportate ai giorni in cui spetta il diritto alla pensione nell’anno e non sono cumulabili con le altre detrazioni sui redditi.
Anche i pensionati, inoltre, hanno diritto alle detrazioni fiscali previste dalla normativa vigente (ad esempio per le spese mediche, bonus ristrutturazioni e così via).
Che differenza c’è tra pensione di vecchiaia e anzianità?
La pensione di vecchiaia è una prestazione economica che viene erogata mensilmente dall’INPS in favore dei lavoratori dipendenti e autonomi che abbiano maturato determinati requisiti in termini di età anagrafica e anzianità contributiva.
La pensione di anzianità era una prestazione legata al raggiungimento di determinati requisiti contributivi, che consentivano all’interessato di accedere alla pensione, indipendentemente dall’età anagrafica.
La Riforme pensioni Fornero (art. 24 del decreto legge n. 201/2011) ha tuttavia ridefinito le tipologie pensionistiche erogate dal sistema previdenziale italiano, sia con metodo contributivo che misto, introducendo la nuova pensione anticipata al posto di quella di anzianità, accanto alla classica pensione di vecchiaia.
Qual è la pensione di anzianità?
L’attuale pensione anticipata ordinaria consente di andare in pensione, indipendentemente dall’età anagrafica, con un’anzianità contributiva di:
- 42 anni e 10 mesi per gli uomini;
- 41 anni e 10 mesi per le donne.
In virtù del Decreto Pensioni 2019, tali requisiti restano in vigore fino al 2026 (congelamento degli adeguamenti alle aspettative di vita).
Quando si prende di pensione con 42 anni e 10 mesi?
A 42 anni e 10 mesi, la pensione anticipata ordinaria diventa accessibile senza penalizzazioni anche ai dipendenti uomini, indipendentemente dall’età.
Qual è la pensione di vecchiaia?
Attualmente per accedere alla pensione di vecchiaia sono richiesti, a seconda dei casi, i seguenti requisiti di età e di contribuzione versata:
- 67 anni di età e 20 di contributi per la generalità dei lavoratori;
- 66 anni e 7 mesi di età per addetti a mansioni gravose;
- 15 anni di contributi per i quindicenni che possono ancora accedere alla deroga Amato;
- 5 anni di contributi per chi ha compiuto i 71 anni e rientra interamente nel regime contributivo.
A chi rientra nel sistema misto viene anche richiesto di aver maturato un assegno previdenziale pari almeno a 1,5 volte l’assegno sociale. Tutti questi parametri sono soggetti nel tempo all’adeguamento delle aspettative di vita.
Chi prende la pensione di vecchiaia?
A prendere la pensione di vecchiaia sono i lavoratori che hanno perfezionato i requisiti sopra descritti, hanno presentato apposita domanda all’INPS – online, tramite patronati o call center – e hanno cessato il rapporto di lavoro dipendente (non è richiesta la cessazione dell’attività svolta in qualità di lavoratore autonomo o parasubordinato).
La pensione di vecchiaia decorre dal primo giorno del mese successivo a quello di perfezionamento di tutti requisiti richiesti, ovvero, su richiesta dell’interessato, dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda, non trovando applicazione per questa prestazione il meccanismo delle finestre mobili.
Come si calcola la pensione esempio?
Per calcolare la stima dell’ammontare dell’assegno previdenziale è indispensabile conoscere il montante contributivo, ovvero l’importo complessivo dei contributi versati durante la propria carriera lavorativa, rivalutati sino al momento della liquidazione della pensione.
Un parametro – che si può ottenere facendo domanda all’INPS dell’Estratto Conto Certificativo (Ecocert) – fondamentale in particolare per il calcolo delle pensioni che rientrano nel sistema contributivo pro rata. Questo si applica dal 1995. A chi aveva maturato almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 si applica il sistema retributivo fino al 31 dicembre 2011 e poi contributivo. Chi al 31 dicembre 1995 lavorava ma non aveva maturato 18 anni di contributi vedrà applicarsi il sistema misto, ossia retributivo fino al 31 dicembre 1995 e poi contributivo.
Ad esempio, un lavoratore dipendente che nel corso dell’anno n andrà in pensione. Se (ra) rappresenta la somma delle retribuzioni annue, si dovranno calcolare i contributi del 33%, in modo da ottenere il montante (m). Pertanto: m = ra * 33%
La misura della pensione annua (pa) si determina applicando al montante complessivo il coefficiente di trasformazione (ct) corrispondente all’età del lavoratore: pa = m dell’anno n * ct
=> Calcolo pensione con sistema retributivo, contributivo o misto
Quanto aumenta la pensione per ogni anno di contributi?
Ogni anno di contributi aggiuntivo aiuta ovviamente ad incrementare il montante contributivo che, annualmente, dovrà essere rivalutato per i tassi di capitalizzazione (tc) pubblicati tutti gli anni dall’ISTAT. A tal fine può risultare utile riscattare la laurea, o versare dei contributi volontari.
=> Riscatto laurea e CFU: valgono anche i crediti formativi
Quali sono i coefficienti di trasformazione?
I coefficienti di trasformazione aggiornati al 2023 per il calcolo dell’importo pensionistico di chi si ritira quest’anno sono i seguenti:
Età di pensionamento | Coefficienti |
57 | 4,27% |
58 | 4,38% |
59 | 4,49% |
60 | 4,62% |
61 | 4,74% |
62 | 4,88% |
63 | 5,03% |
64 | 5,18% |
65 | 5,35% |
66 | 5,53% |
67 | 5,72% |
68 | 5,93% |
69 | 6,15% |
70 | 6,40% |
71 | 6,66% |
Quanto si prende di pensione con 40 anni di contributi?
Secondo una stima effettuata dalla Ragioneria di Stato, i giovani che hanno iniziato a lavorare 10 anni fa percepiranno fino a 400 euro in meno di pensione rispetto agli attuali pensionati. Questo perché il tasso di sostituzione, cioè l’importo della pensione rispetto all’ultimo stipendio percepito, tende a diminuire col tempo. In previsione, nel 2040:
- con 40 anni di contributi, con il calcolo contributivo puro, si percepirà un assegno previdenziale pari a circa il 60% dell’ultima retribuzione (contro percentuali che nel sistema retributivo puro arrivavano anche al 90-100%);
- con 30 anni di contributi l’assegno sarà pari al 48% della busta paga (che dunque di fatto sarà dimezzata).
Ad esempio, consideriamo un insegnante che oggi va in pensione dopo 40 anni di servizio come docente di scuola media prendendo un assegno previdenziale di 1.550 euro al mese in regime retributivo; nella stessa situazione, nel 2036 l’assegno scenderebbe a 1.200 euro (regime contributivo).
Qual è l’importo della pensione di vecchiaia
Oltre al montante contributivo, è necessario conoscere i coefficienti di trasformazione per le pensioni da applicare nel proprio caso.
I coefficienti di trasformazione sono specifici valori percentuali da applicare al calcolo delle pensioni con il sistema contributivo (o per il calcolo della quota contributiva nel con metodo misto o retributivo) e variano a seconda dell’età. Queste aliquote sono stabilite per legge dal Ministero del Lavoro e vengono periodicamente aggiornate, ogni tre anni in base all’adeguamento dell’età pensionabile rispetto alle aspettative di vite (scatti età pensionabile).
Il calcolo della pensione finale varia ovviamente da persona a persona, da caso a caso, e si ottiene moltiplicando il montante contributivo per il coefficiente di trasformazione relativo all’età in cui si va in pensione (conteggiando anche le frazioni d’anno).
Quanto ammonta la pensione di vecchiaia 67 anni?
Molti ci chiedono “quanto è la pensione di vecchiaia a 67 anni?”. Anche in questo caso la risposta non può essere univoca. Secondo i dati dell’Osservatorio INPS, però, la pensione di vecchiaia ammonta in media a 1.300 euro lordi al mese. Il 15,1% delle pensioni pubbliche sembra avere un importo mensile lordo inferiore a mille euro, il 45,3% tra mille e 2mila euro, il 29,6% entro i 3mila euro ed il 10% oltre tale soglia.