Con una facile battuta, si potrebbe dire che il tema della settimana corta è passato dalle piazze dell’estrema sinistra alla City di Londra. Più pragmaticamente, la situazione è la seguente: da anni aziende e Governi, l’ultimo dei quali con un nuovo progetto appena partito del Regno Unito, stanno portando avanti una sperimentazione della settimana lavorativa ridotta per misurarne gli effetti sull’economia e sui risultati aziendali.
L’impatto economico si misura in termini di worklife balance, riduzione delle differenze di genere, consumi e servizi determinato da una maggior flessibilità degli orari di lavoro. Sul fronte imprese, invece, la sfida è quella della produttività.
Settimana corta: esperimento pilota a Londra
L’ultimo esperimento – il più grosso progetto pilota mai sperimentato nel mondo – è appena partito a Londra, promosso dalla ONG “4 Day Week Global” e dal thinktank “Autonomy” sul futuro del lavoro, in collaborazione con le università di Oxford e Cambridge e del Boston College. Per sei mesi, a partire da lunedì 6 giugno, 3.300 lavoratori di 70 diverse lavoreranno per quattro giorni a parità di salario. La sfida è la seguente: lavorando l’80% del tempo, si impegnano a mantenere il 100% della produttività.
Partecipano aziende di tutte le dimensioni e settori, un campione ampio e diversificato in una delle città simbolo del business internazionale. Saranno monitorati impatto sulla produttività, benessere dei lavoratori, sostenibilità ambientale e riduzione del gender gap.
Settimana corta nel mondo
Ci sono diverse sperimentazioni che da anni seguono questo filone. In Europa l’hanno sperimentata o lo stanno facendo Spagna e Islanda, mentre il il Belgio ha addirittura una specifica legge in questo senso: ogni lavoratore ha diritto alla settimana corta a una redistribuzione delle ore su 4 giorni invece di 5.
Nel resto del mondo, fra gli esempi eccellenti c’è quello del Giappone, paese che rappresenta un deciso cambio di paradigma. Qui, uno dei primi esperimenti era stato attuato da Microsoft nel 2019, ora (anche in seguito a indicazioni del Governo, che vuole monitorarne l’impatto), stanno applicando la settimana corta anche colossi come Panasonic, Hitachi e Mizuho Financial Group.
Italia, fra settimana corta e smart working
In Italia non ci sono molti casi analoghi, anche se non mancano sperimentazioni. Due begli esempi:
- TeamSystem ha lanciato un pacchetto di regole flessibili per i propri dipendenti (Team System Next), che prevede la possibilità di scegliere lo smart working fino all’80% dell’orario e anche la settimana corta (light Friday).
- Velvet Media, azienda di marketing di Padova, ha eliminato l’orario di lavoro consentendo massima flessibilità ai dipendenti anche in tema di ferie e permessi (senza doverli chiedere). Questo è un modello ancora diverso, che non prevede necessariamente una riduzione di orario, ma un potenziamento del concetto di smart working.
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Come si vede, smart working e forme di sperimentazione della settimana corta sono spesso due facce della stessa medaglia, in un mondo del lavoro che, anche nel post pandemia, sta cercando nuovi paradigmi. L’Italia, lo ricordiamo, se è indietro rispetto ad altri Paesi sulla settimana scorsa, è invece all’avanguardia sullo smart working, regolamentato dalla legge 81/2017 e Linee Guida 2022. Lo smart working sta entrando nella contrattazione nazionale e di secondo livello, inoltre è previsto anche nella Pubblica Amministrazione.
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Ci sono ulteriori sperimentazioni tra le grosse aziende. La Panini di Modena nell’ultimo contratto aziendale prevede un premio di 2 euro per ogno giorni di smart working, Lamborghini ha un contratto integrativo che prevede flessibilità oraria, banca ore e altre forme di worklife balance. In controtendenza la presa di posizione di Elon Musk, che ha ha chiesto ai dipendenti di Tesla e Space X di andare in ufficio almeno 40 ore alla settimana, criticando lo smart working. Di contro, moltissime aziende hanno adottato il lavoro agile ed organizzato gli uffici di conseguenza. Il dibattito è aperto.