La definizione delle misure per la riforma pensioni 2023 slitta in autunno, per quanto il dibattito sembri finalmente esserci riacceso: i negoziati tra Governo e sindacati sul riordino del sistema previdenziale hanno subito una profonda revisione per il repentino cambiamento di scenario economico, determinato dalla guerra in Ucraina e dalle stime di crescita al ribasso per il 2022, pur rimanendo nei piani dell’Esecutivo entro fine anno.
Riforma Pensioni 2023 a settembre
Nel DEF (Documento di economia e finanza) la priorità numero uno è ormai l’assorbimento dell’impatto della guerra, del caro energia/materie prime e dell’inflazione. Resta tuttavia l’impegno a proseguire «le politiche strutturali già avviate […] con particolare riguardo all’assetto del sistema pensionistico».
Il prossimo appuntamento è la NaDEF, la Nota di aggiornamento al DEF, prevista per settembre. Poi, con ogni probabilità, le misure si concretizzeranno nella Legge di Bilancio 2023. L’auspicio è di arrivare a un accordo fra le parti sociali ma anche in seno alla maggioranza. Tuttavia c’è il rischio che alla fine si arrivi di nuovo ad una soluzione di compromesso come per quest’anno, con la proroga degli strumenti esistenti di flessibilità in uscita.
Le nuove proposte
L’unica esigua novità sembra essere la proposta dei Consulenti del Lavoro per una Quota 102 flessibile (senza requisiti minimi di età o di contributi), ma sul tavolo c’è anche l’ipotesi di Opzione Donna strutturale e la proroga dell’APE Sociale estesa a nuovi beneficiari. Nelle ultime ore sembra essere tornata alla ribalta persino la dispendiosa Quota 41, cavallo di battaglia dei sindacati e nuovo vessillo della Lega. Non sembra tuttavia una strada percorribile: secondo le stime INPS, i costi di una Quota 41 per tutti sarebbero pari a 4 miliardi nel primo anno, per arrivare addirittura a 9 miliardi entro dieci anni.
Forza Italia propone più modestamente una Quota 104, per andare in pensione (poco) prima ma senza i significativi costi della pensione oggi riservata ai lavoratori precoci con 41 anni di contributi e nessun vincolo anagrafico: con questa formula di compromesso, si attuerebbe una penalizzazione sull’assegno pensionistico per ogni anno di anticipo rispetto al requisito ordinario previsto dalla legge Fornero.
Tutte proposte su cui non è giunta ancora replica dal Governo, sia ben chiaro. Lo scenario attuale non consente quindi di anticipare né di escludere nessuna opzione, ma sembra sempre più plausibile il delinearsi di semplici “aggiustamenti” alle attuali formule di flessibilità in uscita, anche se si spera ancora in una Opzione Donna strutturale e nell’APE Sociale estesa a nuova categorie di beneficiari.
Ricalcolo contributivo
Al momento, l’unica certezza è quanto indicato nel DEF, una sorta di indicazione di percorso confermata poi dal Governo nei diversi tavoli negoziali: «nel pieno rispetto dell’equilibrio dei conti pubblici, della sostenibilità del debito e dell’impianto contributivo del sistema, occorrerà trovare soluzioni che consentano forme di flessibilità in uscita ed un rafforzamento della previdenza complementare. Occorrerà, altresì, approfondire le prospettive pensionistiche delle giovani generazioni». Si ribadisce dunque la centralità dell’impianto contributivo del sistema previdenziale, pur a fronte dell’introduzione di nuove forme di flessibilità in uscita. Ci sono poi riferimenti specifici a previdenza complementare e pensione dei giovani.
Obiettivi di riforma pensioni 2023
- Nuove forme di flessibilità in uscita, ulteriori rispetto ai rigidi paletti della legge Fornero (pensione di vecchiaia a 67 anni, pensione anticipata con 42 anni e dieci mesi di contributi per gli uomini, un anno in meno per le donne). La richiesta del Governo è di restare nel sistema contributivo, i sindacati continuano a proporre pensione anticipata con 41 anni di contributi, difficilmente coniugabile con il richiamo nel DEF alla sostenibilità dei conti pubblici.
-
Pensioni dei giovani: si studiano forme per introdurre pensioni di garanzia per i giovani con carriere discontinue, e misure per le donne.
Sul tavolo, per esempio, l’Opzione Donna strutturale o con una proroga lunga per consentire di ritirarsi prima alle lavoratrici con 35 anni di contributi e 58 o 59 anni di età, rispettivamente se dipendenti o autonome, requisiti che in base all’attuale norma vanno maturati entro il 31 dicembre 2021. - Previdenza complementare: le parti sembrano concordare sul rilancio dello strumento, che in Italia continua a essere meno utilizzato che nel resto d’Europa. Si valuta anche un nuovo semestre di silenzio assenso (è la richiesta dei sindacati) per la destinazione del TFR nei fondi pensione.
L’appello dei Sindacati
Concludiamo con la richiesta del segretario generale Cisl, Luigi Sbarra, a margine del recente congresso confederale:
Il ministro Orlando riapra subito il tavolo politico per cambiare il sistema pensionistico, basta con i tavoli tecnici
La proposta congiunta dei sindacati, espressa nei mesi scorsi, si sintetizza in molto semplice: uscita a 62 anni di età o con 41 anni di contributi, pensione di garanzia per giovani e donne, per non ripiombare nei vincoli stringenti della legge Fornero dal prossimo gennaio.