La riforma pensioni è in fase di stallo: non si registrano novità sul fronte negoziale tra Governo e Sindacati, ancora in attesa di una convocazione politica. Il blocco delle attività è dovuto a cause di forza maggiore, con la crisi ucraina che impone altre priorità nell’agenda dell’Esecutivo, senza contare le incertezze economiche che potrebbero limitare un intervento in Legge di Bilancio per il finanziamento della riforma delle pensioni 2023.
Secondo il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, il tavolo sulla riforma non è stato accantonato, ma ha confermato che adesso il Governo ha altre priorità. Se ne riparlerà molto probabilmente dopo la presentazione del DEF, che avrebbe dovuto invece contenere una primissima formulazione di riforma con le relative risorse.
Pensioni: la situazione oggi
Il dibattito sulla riforma pensioni si trascina da due anni, dopo il mancato accordo di convergenza verso su una soluzione condivisa. Alcune misure ponte erano pertanto state inserite in Legge di Bilancio 2022, nello specifico una serie di proroghe relative a strumenti di flessibilità in uscita (Opzione Donna e APE Sociale) ed una misura di durata annuale (la Quota 102) per assorbire lo scalone sul requisito anagrafico minimo per ritirarsi (da 62 a 67 anni dal primo gennaio).
Poi, le “grandi speranze” erano state riposte nella Manovra 2023. Senonché la crisi internazionale scaturita dal cari energia e culminata con la guerra tra Russia e Ucraina ha sconvolto i piani, minacciando equilibri economici e riscrivendo l’agenda politica.
=> Riforma Pensioni entro fine anno, conferma dal Ministero
Entro fine anno il Governo dovrebbe necessariamente prendere delle decisioni in merito alla riforma pensioni, possibilmente con una legge previdenziale estensiva e strutturale, anche se tale ipotesi sembra sempre meno concreta. Eppure i nodi strutturali da risolvere rispetto all’attuale sistema previdenziale sono tanti: le future pensioni dei giovani, il sistema contributivo, i lavoro gravosi, ma soprattutto la flessibilità in uscita.
L’obiettivo è quello di consentire un’uscita in anticipo dal mondo del lavoro prima del conseguimento del requisito pieno per la pensione di vecchiaia a 67 anni, o prima di quella anticipata a 42 anni e dieci mesi per gli uomini e a 41 anni e dieci mesi per le donne, superando però le formule “di categoria” o i meccanismi delle quote sperimentate in questi ultimi anni.
Gli strumenti per la pensione anticipata 2022
Oltre alla pensione anticipata Fornero con i requisiti ordinari, nel 2022 è possibile andare in pensione i seguenti strumenti:
- Quota 102: almeno 64 anni di età e 38 anni di contributi.
- Opzione Donna: 35 anni di contributi e 58 o 59 anni di età, rispettivamente per dipendenti e autonome, maturati entro il 31 dicembre 2021.
- APE Sociale: 63 anni di età e 30 anni di contributi per disoccupati di lunga durata, caregiver, e lavoratori con disabilità pari almeno al 74%; 63 anni di età e 36 anni di contributi nel caso di addetti a mansioni usuranti.
Pensione anticipata 2023: ipotesi di riforma
Il tavolo negoziale fra Governo e sindacati ha iniziato ad affrontare i nodi per arrivare a una riforma pensioni strutturale ma, come detto, al momento i lavori non stanno proseguendo. C’è stato un primo round di incontri fra Cgil, Cisl e Uil e Governo, che si è declinato in incontri tecnici e politici, senza però trovare soluzioni condivise.
Il Governo insiste sull’importanza di restare nel perimetro del sistema contributivo, che garantisce corrispondenza fra contributi versati e importo della pensione maturata (una sorta di Opzione Tutti per andare in pensione a 63-44 anni ma con ricalcolo contributivo). Una posizione su cui il Governo Draghi sembra fermo e che ricalca i presupposti alla base dell’ultima riforma. Non a caso, in una recente intervista, l’ex Ministro Elfa Fornero ha dichiarato:
la flessibilità si paga: se si vuole andare in pensione prima dei 67 anni, bisogna accettare una pensione più bassa, non si può far ricadere il costo sulle generazioni future come è stato per Quota 100.
Obiettivo soluzioni nel DEF
L’obiettivo sarebbe quello di arrivare ad un accordo in tempo per la presentazione del DEF ma i tempi rendono improbabile questa ipotesi. Anche in considerazione dell’accelerazione che l’Esecutivo sembra voler imprimere alla presentazione del Documento di Economia e Finanza, tra fine marzo e primi di aprile
In ogni caso, difficilmente ci saranno i tempi per inserire una griglia di riforma pensioni condivisa, dato lo stallo della trattativa. A meno che il Governo Draghi non intenda procedere sulla base dei risultati e delle indicazioni già maturate nell’ambito dei tavoli negoziali di inizio anno.
In alternativa, il DEF potrebbe contenere un semplice richiamo all’esigenza di riforma pensioni entro fine anno rimandando la trattativa. Né si può escludere il rischio che, alla fine, non si arrivi a una soluzione e si finisca per riproporre soluzioni temporanee come le proroga di un ulteriore anni alle misure già previste per il 2022, per poi rendere strutturali alcune di queste, come ventilato dallo stesso Ministro Orlando parlando dell’Opzione Donna. Tutto questo, sempre in attesa che ci siano i tempi e la volontà di una riforma pensioni vera e propria.