A pochi giorni dalla discussione del ddl di Bilancio in Consiglio dei Ministri, ancora non c’è accordo sulla riforma pensioni. Il braccio di ferro si gioca intorno alle formule di superamento della Quota 100, ma il dibattito resta caldo. Oltre alle tensioni sul fronte politico, il Governo non ha ancora trovato l’intesa neppure con i Sindacati, con il vertice di martedì 26 ottobre che non si è rivelato risolutivo.
La situazione attuale
L’obiettivo finale è sempre quello di impedire lo scalone di cinque anni per il requisito anagrafico di accesso alla pensione (67 anni), che si determina il primo gennaio 2022 se seguito della scadenza delle agevolazioni previste dalla Quota 100 (62 anni, con 38 di contributi): in mancanza di nuove formule di uscita flessibile, infatti, da un giorno all’altro aumenta di cinque anni il requisito minimo di legge tramite cui, fermi restando gli altri requisiti, è possibile andare in pensione. Nel Dpb (Documento programmatico di bilancio) che illustra le linee di intervento ed i saldi della Legge di Bilancio 2022, non ci sono indicazioni precise ma solo l’annuncio di:
interventi in materia pensionistica per assicurare un graduale ed equilibrato passaggio verso il regime ordinario.
Il regime ordinario è rappresentato dalla Riforma Fornero, che al momento consente la pensione di vecchiaia a 67 anni e quella anticipata con 42 anni e dieci mesi di contributi (un anno in meno per le donne).
La proposta di Governo
Il Ministro dell’Economia aveva proposto di introdurre Quota 102, che alza di due anni l’età prevista dalla Quota 100 (64 anni e 38 di contributi), ma solo per un periodo limitato, uno o due anni, per poi passare a una Quota 104 e dal 2024-2025 tornare ai requisiti pieni della Fornero.
Le reazioni
La Cgil ha risposto criticamente alla proposta Orlando citando i dati di uno studio, realizzato insieme alla Fondazione Di Vittorio, in base al quale la Quota 102-104 coinvolgerebbe una platea molto ristretta, pari a circa 10mila persone. «Dai nostri studi – afferma Ezio Cigna, responsabile previdenza pubblica della CGIL nazionale – sarebbero 8.524 le persone coinvolte nel 2022 e 1.924 nel 2023, visto che molti dei soggetti che potrebbero perfezionare Quota 102 nel 2022 e Quota 104 nel 2023 hanno già il maturato il requisito di Quota 100 al 31 dicembre 2021».
Visti la scarsa applicabilità di questa ipotesi (in termini di potenziali beneficiari), condivisa anche da alcune forse politiche, su Quota 102-104 manca ancora il pieno accordo di maggioranza, tanto più che al sistema delle quote si dichiarano contrari anche imprese e sindacati.
Le controproposte
Una controproposta della Lega è quella della Quota 103, ossia un compromesso per spalmare su più anni l’uscita a 64 anni (almeno tre).
Le novità delle ultime ore potrebbe vedere l’avanzare di una sorta di rimodulazione del meccanismo sopra descritto (Quota 102 – 104), che potrebbe prevedere una deroga per le PMI sotto i 15 dipendenti, con la creazione di un fondo ad hoc.
Nella trattativa potrebbero rientrare anche la proroga dell’Opzione Donna ed il rinnovo dell’APE Social con estensione ad altre categorie di lavoratori gravosi.
Il vertice Governo e Sindacati
L’appuntamento con Cgil, Cisl e Uil non ha portato a nuovi compromessi. Alla riunione si è invano cercata l’intesa tra Sindacati e Governo, per il quale erano presenti il ministro Lavoro Andrea Orlando, dell’Economia Daniele Franco e della Funzione Pubblica Renato Brunetta, oltre al sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli.
La posizione dell’Esecutivo non si incontra ancora con quella dei Sindacati, dunque, la cui proposta è ben nota: pensione a 62 anni di età o con 41 anni di contributi. Si tratta di un’ipotesi lontana da quelle attualmente in discussione a Palazzo Chigi, per cui bisogna capire se alla fine dei conti di sono davvero i margini per mediazioni sostenibili o novità concrete di riforma pensioni nel testo della Legge di Bilancio 2022.
In generale, i Sindacati chiedono una riforma vera e propria del sistema previdenziale. Non sembra esclusa la possibilità di una mobilitazione. «Noi siamo pronti a fare il nostro mestiere, che è quello di sostenere una riforma delle pensioni. Ovviamente la mobilitazione e lo sciopero non sono termini che noi abbiamo eliminato dal nostro vocabolario. Sono termini democratici, che dimostrano e sottolineano la necessità di una risposta democratica a scelte sbagliate da parte del governo”, sottolinea il segretario generale Uil, Pierpaolo Bombardieri.
Il tempo però stringe, il disegno della Legge di Bilancio è atteso in Consiglio Ministri per giovedì 28 ottobre, già in notevole ritardo rispetto alla tabella di marcia (l’approvazione dell’Esecutivo dovrebbe avvenire a metà ottobre, se slittasse ancora sarebbe obiettivamente grave). Senza intese neppure nel breve periodo, è difficile che si possa realmente pensare ad una riforma organica del sistema previdenziale che trovi concretezza nel medio periodo. A questo punto, non è escluso che il fondo per gli interventi pensionistici per attenuare l’impatto del post Quota 100 possa subire la stessa sorte di quello per le misure destinate al taglio delle tasse: risorse stanziate nel Ddl Bilancio e strumenti definiti con corso dell’iter parlamentare della Manovra.