Mercato del lavoro: fotografia dell’occupazione post Covid

di Teresa Barone

27 Settembre 2021 13:00

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Occupazione in ripresa dopo la pandemia nonostante lo sblocco dei licenziamenti, ma domina il contratto a termine: ecco comparti e territori più dinamici.

Il 2021 si sta caratterizzando per una dinamica occupazionale che cresce a ritmi superiori a quelli del 2019, sebbene il saldo tra attivazioni e cessazioni sia ancora negativo. A confermarlo è il report stilato congiuntamente dal Ministero del Lavoro e dalla Banca d’Italia, basato sull’analisi delle comunicazioni obbligatorie relative al lavoro dipendente.

Assunzioni e contratti

Dall’inizio dell’anno in corso sono stati creati oltre 830mila posti di lavoro, una cifra nettamente superiore rispetto ai 327mila del 2020 e ai 689mila del 2019. A trainare la crescita, tuttavia, sono quasi totalmente le posizioni di lavoro a termine, mentre la dinamica del lavoro a tempo indeterminato è ancora modesta, sia tenendo conto delle assunzioni sia delle stabilizzazioni. Quasi il 90% dei posti di lavoro creati dall’inizio del 2021 è stato attivato con un contratto a tempo determinato (al netto delle cessazioni), mentre la dinamica del contratto a tempo indeterminato è inferiore anche a quella 2020, con poche nuove assunzioni e trasformazioni (-23,8% nei primi otto mesi dell’anno rispetto allo stesso periodo del 2019).

Cessazioni e licenziamenti

Anche il numero delle cessazioni è abbastanza contenuto, nonostante la rimozione, dal 1° luglio 2021, della sospensione delle procedure di licenziamento per circa quattro milioni di lavoratori a tempo indeterminato dei comparti edilizia e industria (con eccezione del tessile, abbigliamento e pelletteria). A luglio, lo sblocco del vincolo ha prodotto circa 10.000 licenziamenti, ritornando ai livelli medi del 2019. I licenziamenti si sono poi ridotti ad agosto per effetto della ripresa (anche stagionale) e per le tutele fornite da strumenti di integrazione salariale.

 

Occupazione femminile

Anche il lavoro femminile mostra segni di recupero, con un graduale riassorbimento del divario di genere 2020, alimentato anche dalle conseguenze socio-familiari della pandemia: nei primi otto mesi le donne occupavano un terzo delle posizioni di lavoro create (108mila su 327mila), mentre quest’anno la quota è salita al 43% (361mila su 832mila), in linea con l’incidenza della forza lavoro femminile sul totale dell’occupazione.

Settori più dinamici

Tra i comparti più dinamici dal punto di vista occupazionale compaiono i servizi, con il turismo – che ha superato i livelli 2019 anche se nelle grandi città il recupero è rimasto parziale (a Roma, Milano, Venezia, Napoli, Firenze e Palermo, attivazioni nette 2021 inferiori a quelle 2019) – in prima linea seguito da commercio e dai settori ricreativi (arte, cultura, sport e tempo libero). Ma anche l’industria, a luglio e agosto, ha continuato a crescere a ritmi superiori a quelli precedenti l’emergenza sanitaria: nei primi otto mesi del 2021 sono stati creati 138.000 posti di lavoro, in particolare nelle costruzioni (64.000 posti di lavoro in più da gennaio 2021) e nella manifattura, che a fine agosto ha registrato un saldo positivo di 65.000 posizioni create dall’inizio dell’anno.

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Mappa locale

Osservando i dati locali, la crescita della domanda di lavoro nei primi otto mesi del 2021 non è stata omogenea tra le regioni e i territori. Se le attivazioni nette sono aumentate in misura inferiore nel Centro Nord rispetto al Mezzogiorno, il blocco dei licenziamenti ha impattato sul saldo occupazionale soprattutto al Sud e nelle Isole. Ecco una sintesi dei dati più interessanti:

  • il Veneto è l’unica regione caratterizzata da una dinamica della domanda meno favorevole rispetto al 2019, a causa delle notevoli perdite registrate dal settore del turismo;
  • la Lombardia mostra una dinamica in crescita, trainata soprattutto dalla provincia di Milano, mentre nelle altre province gli andamenti sono stati eterogenei;
  • il saldo è positivo nelle province autonome di Trento e Bolzano e in Val d’Aosta, nonostante il mancato avvio della stagione turistica invernale verso la fine dello scorso anno;
  • anche in Piemonte l’andamento non è omogeneo, tenendo conto delle province orientali che hanno visto una creazione di posti di lavoro inferiore al 2019;
  • in Emilia-Romagna si evidenza un peggioramento nelle province di Parma e Piacenza.