Un lavoratore che rientra in Italia dall’estero e continua a lavorare per l’azienda straniera in smart working ha diritto al regime fiscale agevolato per il rientro dei cervelli, che consente di abbattere l’imponibile al 30%. Si tratta del beneficio per impatriati, previsto dall’articolo 16, comma 1, del decreto legislativo 147/2015, come modificato dall’articolo 5 del decreto legge 34/2019.
L’agevolazione fiscale si applica a coloro che trasferiscono la residenza in Italia dopo almeno due anni all’estero, si impegnano a restare in Italia per almeno due anni e lavorano prevalentemente sul territorio italiano. Con interpello 596/2021 l’Agenzia delle Entrate chiarisce che possono utilizzarla anche coloro che lavorano in smart working dall’Italia per un’azienda straniera, ricorrendo tutti i requisiti previsti. Il Fisco ha precisato infatti che il beneficio fiscale:
non richiede che l’attività sia svolta per un’impresa operante sul territorio dello Stato.
Pertanto, possono accedere all’agevolazione i soggetti che vengono a svolgere in Italia attività di lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro con sede all’estero, o i cui committenti (in caso di lavoro autonomo o di impresa) siano stranieri (non residenti).
=> Agevolazioni impatriati senza iscrizione AIRE
In pratica, lo smart working effettuato dall’Italia per un’azienda straniera è agevolato, sempre che sussistano tutti gli altri requisiti. Il regime fiscale per il rientro dei cervelli è fruibile per cinque anni, a decorrere dal periodo di imposta in cui si trasferisce la residenza fiscale in Italia. In presenza di figli minorenni, l’agevolazione si applica per ulteriori cinque anni, ma l’imponibile in questo caso è al 50% del reddito, non più al 30%.