Mentre il Governo lavora alla prossima riforma pensioni ragionando su quali possano essere le formule di uscita anticipata più sostenibili per le Casse dello Stato, vediamo quali sono oggi le regole standard per ritirarsi dal mondo del lavoro con la pensione di vecchiaia, le differenze tra requisiti per uomo e donna e cosa cambia da gennaio 2023 con il prossimo scatto per l’adeguamento alle speranze di vita, sia in base alle stime precedenti sia in base a quelle successive al Covid, che in pratica produrrà effetti sui requisiti anagrafici per la pensione e dunque sull’età pensionabile.
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Pensione di vecchiaia: requisiti e vincoli
La pensione di vecchiaia è il trattamento pensionistico erogato dall’assicurazione generale obbligatoria, dai fondi ad essa sostitutivi, esclusivi o esonerativi e dalla Gestione separata dell’INPS al perfezionamento di una determinata età anagrafica, unitamente alla presenza di un certo numero di anni di contribuzione. Prima della Riforma pensioni Fornero, DL 201/2011, i requisiti anagrafici di accesso alla pensione di vecchiaia erano diversificati per uomini e donne. La Legge li aveva inaspriti fissandoli a 66 anni per gli uomini dipendenti o autonomi e per le lavoratrici del pubblico impiego, mentre alle lavoratrici dipendenti del privato venivano richiesti 62 anni di età e alle autonome e parasubordinate 63 anni e 6 mesi. Poi, per effetto della Riforma Fornero, i requisiti sono stati gradualmente innalzati, parificando il requisito legato all’età pensionabile tra uomini e donne.
Requisito anagrafico: cosa cambia a dicembre 2022
Oggi alla pensione di vecchiaia si accede con 67 anni di età e 20 di contributi, questo sia per i lavoratori che per le lavoratrici dipendenti del settore privato o del settore pubblico. Requisiti che rimarranno gli stessi fino al 31 dicembre 2022. Dal 2023 è previsto un innalzamento dei requisiti anagrafici, per effetto degli adeguamenti alle aspettative di vita. Il prossimo scatto si calcolerà come media della differenza della speranza di vita a 65 anni nel 2019 rispetto a quella del 2017 e della stessa differenza tra la speranza di vita 2020 su quella 2018.
Scatti pensione dopo il Covid
Attualmente, gli adeguamenti successivi al 2022 stimati in base allo scenario ISTAT 2017 (che potrebbe cambiare per effetto della pandemia, che ha avuto un forte impatto sull’aspettativa di vita, come segnalato nella Relazione annuale INPS) sono:
- 2023-2024: 67 anni e 3 mesi
- 2025-2026: 67 anni e 6 mesi
- 2027-2028: 67 anni e 9 mesi
- 2029-2030: 68 anni
- 2031-2032: 68 anni e 1 mesi
- 2033-2034: 68 anni e 3 mesi
- 2035 2036: 68 anni e 5 mesi
- 2037-2038: 68 anni e 7 mesi
- 2039-2040: 68 anni e 9 mesi
- 2041-2042: 68 anni e 11 mesi
- 2043-2044: 69 anni e 1 mese
- 2045-2046: 69 anni e 3 mesi
- 2047-2048: 69 anni e 5 mesi
- 2049-2050: 69 anni e 7 mesi
L’effetto Covid dovrebbe annullarsi intorno al 2033, ma per i prossimi dieci anni potrebbe tradursi in un rallentamento degli scatti, con la conseguenza di riuscire ad agganciare prima al pensione. In pratica, in base allo scenario INPS, per la pensione di vecchiaia non ci saranno nuovi scatti fino al 2024. E dal 2025 lo scatto sarà di due mesi invece di tre. Tuttavia, dal 2027 la proporzione si invertirebbe e addirittura si passerebbe a quattro scatti di tre mesi ogni due anni fino al 2033, quando i due scenari dovrebbero tornare a combaciare.
Altre considerazioni
La contribuzione valida è quella a qualsiasi titolo versata o accreditata in favore dell’assicurato: da lavoro, riscatto, volontaria e figurativa. Alla pensione di vecchiaia, così come alla pensione anticipata, non si applicano le cosiddette finestre mobili, quindi la prestazione decorre dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale l’assicurato compie l’età pensionabile e richiede la pensione. Per l’accesso alla pensione di vecchiaia viene richiesta la cessazione del rapporto di lavoro dipendente, mentre non è richiesta la cessazione dell’attività da lavoro autonomo.