Da giovedì primo luglio sono cambiate le regole per i licenziamenti in Italia, a seguito delle diverse normative in materia di risoluzioni dei rapporti di lavoro e ammortizzatori sociali, con differenze sostanziali che variano per settore aziendale di appartenenza. Ecco di seguito lo schema da qui a fine anno, con le differenti previsioni di legge e gli scaglioni temporali, ed il dettaglio analitico delle novità in base al coordinamento delle varie disposizioni legislative che si sono succedute e all’intesa con le parti sociali del 29 giugno:
- divieto di licenziamento fino al 31 ottobre per le imprese dei settori tessile, abbigliamento, calzaturiero e pelletteria, così come per le imprese che utilizzeranno le vecchie o nuove settimane di cassa integrazione salariale del Decreto Lavoro;
- blocco a fine ottobre anche per le aziende che non accedono alla CIG ordinaria, quindi il commercio e i servizi;
- risoluzioni dei rapporti di lavoro sbloccate nei settori dell’industria (esclusi i tre sopra citati) e dell’edilizia;
- dal primo luglio, operativa la misura del Decreto Sostegni bis, in base alla quale fino al 31 dicembre non si paga il contributo addizionale sulla cassa integrazione ordinaria;
- in base all’Accordo Comune siglato tra sindacati, imprese e Governo, i datori di lavoro si impegnano a non licenziare finché non hanno esaurito tutti gli ammortizzatori sociali a loro disposizione (ma non è un obbligo di legge, è solo un’intesa tra le parti).
Settori con divieto licenziamenti
L’impianto generale resta quello già previsto dal primo decreto Sostegni (dl 41/2021), in base al quale lo stop ai licenziamenti è terminato il 30 giugno nell’industria e nell’edilizia e si protrae fino al 31 ottobre nel commercio e nei servizi (tecnicamente, per le imprese che non hanno accesso alla CIG ordinaria). Il nuovo Decreto Lavoro (99/2021, con i commi 2, 4 e 5 dell’articolo 4) inoltre:
- estende il blocco fino al 31 ottobre anche ad alcuni settori dell’industria, ovvero: industrie tessili, confezioni di articoli di abbigliamento e di articoli in pelle e pelliccia, fabbricazioni di articoli in pelle e simili. Sono i settori contrassegnati dai codici ATECO 13, 14 e 15. In tutti i casi citati, il divieto di licenziamenti è indipendentemente dal fatto che le imprese utilizzino o meno gli ammortizzatori sociali.
- offre ai datori di lavoro delle industrie tessili, delle confezioni di articoli di abbigliamento e di articoli in pelle e pelliccia e delle fabbricazioni di articoli in pelle e simili (ossia i codici ATECO sopra citati), che dal 1° luglio sospendono o riducono l’attività lavorativa, 17 nuove settimane di trattamento ordinario di integrazione salariale (Cassa integrazione ordinaria e Assegno ordinario), utilizzabili fino al 31 ottobre senza contributo addizionale.
Divieto licenziamenti per uso CIG
Ci sono casistiche in cui resta il divieto di licenziamenti in relazione all’utilizzo di ammortizzatori sociali:
- il Sostegni bis (articolo 40, comma 4, dl 73/2021) prevede che le imprese non possano licenziare per tutto il periodo in cui utilizzano la cassa integrazione ordinaria agevolata senza pagamento di contributi addizionali (agevolazione prevista dal primo luglio al 31 dicembre 2021);
- il nuovo Decreto Lavoro ha introdotto una meccanismo simile per le imprese in crisi di cui all’art. 8, comma 1 del dl 41/2021, convertito con modificazioni in L. n. 69/2021 (datori di lavoro privati che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19) che utilizzano le 13 nuove settimane di CIGD (cassa integrazione in deroga) con causale COVID introdotte dal decreto stesso, al comma 8, articolo 4, utilizzabili fino al 31 dicembre 2021.
Cassa integrazione agevolata
Non sono previste nuove settimane generalizzate di cassa COVID ma ci sono ammortizzatori sociali aggiuntivi rispetto a quelli ordinari. In tutti i casi in cui vengono attivati, comportano però il divieto di licenziamento:
- CIG e CIGS ordinarie ma agevolate perché utilizzabili senza contributo addizionale da luglio a dicembre per le aziende coperte da ammortizzatori ordinari (Sostegni bis, articolo 40, comma 3);
- 13 nuove settimane di CIGD da luglio a dicembre per quelle senza ammortizzatori ordinari e che non possano più fruire della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (Decreto Lavoro, articolo 4, comma 8).
CIG per mantenimento livelli occupazionali
Il Sostegni bis (comma 1, articolo 40), ha introdotto una nuova CIG destinata esclusivamente ai datori di lavoro che nel primo semestre 2021 hanno subito un calo di fatturato del 50% almeno rispetto all’analogo periodo del 2019 (pre-COVID), finalizzata però al mantenimento dei livelli occupazionali:
- 26 settimane utilizzabili entro il 31 dicembre 2021, con riduzione di orario massima dell’80% dell’orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati dall’accordo collettivo; la riduzione complessiva dell’orario non può essere superiore al 90% nell’arco dell’intero periodo dell’accordo collettivo.
Accordo Comune
L’intesa fra le parti (imprese e sindacati) è pensata per le aziende che appartengono ai settori in cui dal primo luglio sono sbloccati i licenziamenti: i datori di lavoro si impegnano «a raccomandare l’utilizzo degli ammortizzatori sociali che la legislazione vigente prevede in alternativa alla risoluzione dei rapporti di lavoro». In pratica, c’è l’impegno ad utilizzare gli ammortizzatori sopra descritti per evitare i licenziamenti, anche senza una specifica previsione di legge. Significa che le piccole aziende, senza una rappresentanza sindacale strutturata, potrebbero non seguire l’avviso comune. L’accordo con il Governo prevede anche il prolungamento della cassa integrazione straordinaria per gli 85 tavoli di crisi aperti al MiSE.