Il Recovery Plan ha formalizzato l’addio a Quota 100 e ha aperto le porte all’ipotesi di tornare ai requisiti Fornero. Tra le opzioni che invece dovrebbero restare in essere c’è l’Opzione Donna, che potrebbe addirittura diventare strutturale. Già diverse volte prorogata, l’Opzione Donna potrebbe diventare un elemento cardine della nuova Riforma Pensioni insieme ad una nuova proroga per l’APE Sociale e a un rafforzamento dei contratti d’espansione.
Requisiti Opzione Donna 2021
Ricordiamo che l’ultima Legge di Bilancio 2021 (articolo 1, co. 476 della legge n. 160/2019) ha previsto che le lavoratrici possano andare in pensione con 58 anni d’età e 35 di contributi, maturati entro il 31 dicembre 2020, a patto di accettare un assegno pensionistico calcolato interamente con il sistema contributivo. Per l’Opzione Donna è inoltre prevista l’applicazione delle finestre mobili di cui all’articolo 12 del Dl 78/2010, convertito con legge 122/2010, che fa partire la prima rata dell’assegno pensionistico decorsi 12 mesi (18 mesi le autonome) dopo la maturazione dei requisiti richiesti da Opzione Donna. Continuano a non applicarsi, inoltre, gli adeguamenti alla speranza di vita.
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Opzione Donna nella Riforma Pensioni
Riconoscendone la validità, in termini di flessibilità di uscita dal mondo del lavoro per le donne, in molti chiedono da tempo che questa misura diventi strutturale, o quasi. Il CODS (Comitato Opzione Donna Social) chiede ad esempio che la misura di anticipo pensionistico riservata alle lavoratrici venga riconfermata almeno fino al 2023 per evitare le incertezze legate al possibile, o meno, rinnovo annuale.
Anche Domenico Proietti, Segretario confederale UIL, chiede che nella prossima Riforma delle Pensioni 2022 l’Opzione Donna venga resa strutturale, ma anche che si intervenga « riconoscendo alle donne un bonus di contribuzione figurativa ai fini previdenziali per il lavoro di cura e la maternità».