Possibili novità in vista per lo scivolo pensione nel decreto Sostegni bis: il potenziamento del contratto di espansione (uscita anticipata per lavoratori a cui mancano massimo 5 anni dalla pensione), già previsto in virtù dell’emergenza Covid, potrebbe essere ulteriormente esteso, ammettendo le imprese con almeno 100 dipendenti. Al momento, lo ricordiamo, lo strumento prevede per il solo 2021 un numero minimo di impiegati in organico ridotto da 1.000 a 500 unità, con alcune casistiche che ammettono i 250 dipendenti (aggregazione stabile di imprese con medesima finalità produttiva o di servizi) ed esonera le aziende dal contributo addizionale.
Per lo scivolo pensione, in realtà, la Legge di Bilancio 2021 ha potenziato non solo il contratto di espansione ma anche un secondo strumento, ossia l’isopensione per coloro che sono a 7 anni dalla pensione. In entrambi i casi, la ratio è quella di favorire il ricambio generazionale nelle aziende senza penalizzare i lavoratori anziani sul fronte previdenziale. Vediamo come funzionano le due misure e in quali casi si possono usare.
Contratti di espansione
Introdotto in via sperimentale per gli anni 2019 e 2020 (dlgs 148/2015, articolo 41), finora ha consentito di effettuare piani di riorganizzazione aziendale all’interno dei quali favorire il prepensionamento dei lavoratori dipendenti ai quali mancano al massimo 60 mesi, ovvero cinque anni, al raggiungimento della pensione di vecchiaia o anticipata, con un trattamento che copre gli anni mancanti a carico dell’azienda, pari alla pensione spettante.
La Manovra 2021 ha prorogato questa possibilità e potenzia lo strumento, prima utilizzabile solo da imprese con almeno mille dipendenti, poi ridotte a 500 per emergenza Covid. Limitatamente al 2021, il contratto di espansione è applicabile anche da imprese con almeno 250 dipendenti, con una sorta di doppio binario: dai 250 ai 500 dipendenti c’è una formula più favorevole, che prevede un onere inferiore per l’impresa, sopra i 500 dipendenti le regole restano sostanzialmente quelle degli anni scorsi.
In tutti i casi, restano le seguenti regole di fondo. E’ necessaria una procedura di consultazione sindacale per un piano di ristrutturazione aziendale finalizzato allo sviluppo delle attività e all’esigenza di formare nuove competenze e di effettuare nuove assunzioni. Questi progetti di riorganizzazione aziendale confluiscono in un contratto di espansione, controfirmato da sindacati e Ministero del Lavoro, nell’ambito del quale è previsto anche lo scivolo pensionistico, per i dipendenti a cui mancano al massimo 60 mesi al conseguimento della pensione di vecchiaia o anticipata. Qui si inserisce la nuova differenziazione in base alle dimensioni aziendali.
- Imprese con almeno 500 dipendenti: applicano le regole che negli anni scorsi erano riservate solo alle aziende con almeno mille dipendenti, contenute nel comma 5 del sopra citato articolo 41 del dlgs 148/2015. Quindi, il datore di lavoro, a fronte della risoluzione del rapporto di lavoro, riconosce un’indennità mensile commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro, eventualmente comprensivo di NASpI (nei casi in cui è prevista). Se il primo diritto a pensione è quello previsto per la pensione anticipata, il datore di lavoro versa anche i contributi previdenziali utili al conseguimento del diritto, con esclusione del periodo già coperto da contribuzione figurativa a seguito della risoluzione del rapporto di lavoro.
- Imprese fra 250 e 500 dipendenti: il datore di lavoro riconosce un’indennità mensile, commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro, anche in questo caso comprensivo di eventuali contributi previdenziali utili al conseguimento del diritto alla pensione anticipata. La differenza rispetto a quanto previsto nelle aziende con più di 500 dipendenti, è che per l’intero periodo di spettanza teorica della NASpI, il versamento a carico del datore di lavoro è ridotto di un importo equivalente alla somma della prestazione. E il versamento a carico del datore di lavoro per i contributi previdenziali utili al conseguimento del diritto alla pensione anticipata è ridotto di un importo equivalente alla somma della contribuzione figurativa di cui all’articolo 12 del medesimo decreto legislativo 22/2015. Attenzione: per il lavoratore non cambia nulla, nel senso che la NASpI (par di capire) viene comunque riconosciuta, ma è pagata dall’INPS.
In tutti i casi, è necessario il consenso scritto del lavoratore.
C’è infine una terza novità, che riguarda solo le imprese oltre i mille dipendenti. Nel caso in cui attuino piano di riorganizzazione di particolare rilevanza strategica, e si impegnino ad effettuare almeno un’assunzione per ogni tre lavoratori a cui viene applicato lo scivolo pensionistico, hanno diritto alla nuova riduzione dei versamenti (corrispondente alla NASpI) prorogata per ulteriori 12 mesi rispetto alla normale durata dell’ammortizzatore sociale.
Isopensione
Come detto, la Manovra ha prorogato anche il potenziamento della cosiddetta isopensione introdotta dalla Riforma Fornero, a sua volta una forma di scivolo previdenziale. In pratica, fino al 2023 si può applicare questo incentivo all’esodo pensione ai lavoratori dipendenti a cui mancano al massimo 7 anni al raggiungimento della pensione (la norma ordinaria prevedeva solo 4 anni, il periodo è stato elevato a 7 anni dalla legge 205/2017 in via sperimentale per i tre anni dal 2018 al 2020; ora il comma 345 della manovra proroga questo innalzamento a 7 anni fino al 2023). L’isopensione, lo ricordiamo, prevede un’indennità a carico dell’azienda, pari alla pensione spettante, comprensiva di contributi. E’ uno strumento attivabile solo dalle aziende con almeno 15 dipendenti.
Scivolo e isopensione a confronto
La prima differenza è il campo di applicazione dello strumento, legato alle dimensioni aziendali:
- l’isopensione è applicabile in aziende sopra 15 dipendenti,
- per i contratti di espansione ci vogliono almeno 250 dipendenti (salvo novità dal Dl Sostegni bis, con una riduzione a 100 dipendenti)
In secondo luogo, l’anzianità dei lavoratori:
- l’isopensione è applicabile quando mancano 7 anni alla pensione,
- il contratto di espansione a 5 anni dalla pensione.
Infine, il trattamento:
- l’isopensione è meno favorevole per l’azienda, che deve pagare la contribuzione piena al lavoratore (indipendentemente dalla tipologia di pensione che raggiungerà), e non scala la NASpI;
- per il lavoratore, invece, è più favorevole l’isopensione, perché matura una pensione più alta.
Il potenziamento del contratti di espansione, che secondo indiscrezioni di stampa sarà inserito nel Decreto Sostegni bis atteso in Consiglio dei Ministri a giorni, potrebbe essere preso in considerazione come una di quelle formule alternative alla Quota 100 per consentire la pensione anticipata a 62 anni. Invece della ipotizzata Quota 102, in questo caso ci sarebbe anche un minore costo per lo Stato. Si tratta quindi di una novità che potrebbe diventare nel tempo strutturale, trovando posto nella prossima Riforma Pensioni 2022 se si trovassero le coperture, che a questo punto potrebbero essere vagliate anche nella prossima Legge di Bilancio.