Il dilagare della seconda ondata Covid sta impattando duramente il mondo del lavoro. A fine settembre le denunce di contagio in ambito professionale da inizio anno sono state 54.128 (+1.919 rispetto a fine agosto), i decessi 319 (+16). Sono dati emersi dal l’ultimo monitoraggio INAIL (nono report nazionale), pubblicato insieme alle schede regionali.
Al 30 settembre, le denunce hanno raggiunto il 15% di tutte quelle pervenute da inizio anno all’INAIL (il 17% circa dei totale dei contagi registrati dall’ISS), dopo i picchi di marzo (51,2%) e aprile (33,8%). Il 70% dei contagi riguarda il genere femminile (età media 47 anni).
I decessi sono concentrati invece tra gli uomini (84%) e nelle fasce 50-64 anni (69,9%) e over 64 anni (19,4%). In nove casi su 10 (89,3%) si tratta di lavoratori italiani, tra gli stranieri le più colpite sono la comunità peruviana, rumena e albanese.
Il settore più colpito è come previsto quello della sanità e dell’assistenza sociale. Seguono i servizi di supporto alle imprese (vigilanza, pulizia e call center), il manifatturiero (tra cui gli addetti alla lavorazione di prodotti chimici e farmaceutici, stampa, industria alimentare) e le attività dei servizi di alloggio e ristorazione. La ripresa delle attività dopo il lockdown ha comportato un aumento delle denunce, a partire dai servizi di alloggio e ristorazione, dal commercio e i trasporti.
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La tutela infortunistica
Nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) sul lavoro, il medico redige il certificato di infortunio e lo invia all’INAIL, le cui prestazioni sono erogate anche per il periodo di quarantena o di isolamento fiduciario, equiparando l’infezione agli infortuni sul lavoro per i lavoratori dipendenti e assimilati.