Dopo l’estate, riparte anche la stagione dei rinnovi contrattuali, con un primo vertice fra imprese e sindacati in agenda per il 7 settembre, in un periodo che vede un record di contratti nazionali scaduti: riguardano oltre 10 milioni di lavoratori.
Solo nell’Industria, il 75% degli addetti ha un contratto scaduto. Tra i temi caldi anche il rinnovo nella Sanità Privata, su cui non si riesce a trovare un accordo. Recentemente firmato, invece, il contratto nazionale dell’industri alimentare, non siglato però da Confindustria.
Verso il vertice
Come detto, apertura di un negoziato fra Confindustria e Sindacati, con un primo appuntamento fissato per il 7 settembre fra il presidente Carlo Bonomi, Maurizio Landini (Cgil), Annamaria Furlan (Cisl) e Pierpaolo Bombardieri (Uil). In vista del quale emergono le posizioni delle parti.
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I nodi da sciogliere
Il dibattito è molto acceso. Il segretario di Cgil, fin dal meeting di Rimini ha puntato il dito contro Viale Astronomia: «Molti contratti vanno rinnovati, ma Confindustria ha scelto di non rinnovarli». L’associazione imprenditoriale insiste sull’applicazione del Patto per la Fabbrica, firmato nel 2018.
Il vicepresidente dell’associazione, Maurizio Stirpe, chiarisce: «noi continuiamo a voler distinguere tra il trattamento economico minimo, il cosiddetto TEM legato all’andamento dell’inflazione, e il trattamento economico complessivo TEC, all’interno del quale c’è anche una contrattazione ispirata alla crescita della produttività e riferita ai settori o alle singole aziende».
Lo strumento a cui si riferisce Confindustria funziona nel seguente modo: i contratti nazionali prevedono un trattamento economico complessivo, il TEC, che comprende tutte le voci della retribuzione (anche il welfare aziendale, ad esempio), e un TEM, ovvero un trattamento economico minimo (che fa parte del TEC). Il punto fondamentale è che il TEM, in base all’accordo contenuto nel Patto per la Fabbrica, lega il TEM all’andamento dell’inflazione. Essendo quest’ultima negativa, secondo Confindustria non si possono prevedere aumenti dei minimi contrattuali in sede di rinnovo.
E’ uno dei temi su cui non si trova l’accordo per il rinnovo del contratto della Sanità Privata. I sindacati accusano Confindustria di non voler firmare dopo che era stato trovato un pre accordo, gli imprenditori rispondono che le Regioni devono fare la loro parte. «A giugno abbiamo raggiunto una pre-intesa, ma stenta a decollare perché vogliamo essere certi che ognuno faccia la propria parte – spiega Stirpe -. E’ previsto che le Regioni si facciano carico del 50% dell’onere degli aumenti contrattuali, ma mentre quelle del Nord hanno i conti a posto, nel centro sud ci sono tante situazioni di emergenza finanziaria e questo non ci tranquillizza».
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Accordi a metà
Intanto, il contratto dell’industria alimentare è stato rinnovato a fine luglio, fra i sindacati confederali, Unionfood, Ancit e AssoBirra. Ma per Landini, «anche nell’Alimentare Confindustria ha posto un veto, perché non vogliono aumentare i salari».
«Il prossimo obiettivo è la sigla del contratto con tutte le altre associazioni di imprese» spiega Furlan, segretaria generale Cisl. Prevede un aumento salariale di 119 euro a cui si aggiungono 5 euro di welfare e 30 euro per coloro che non sono coinvolti nella contrattazione di secondo livello. «Si tutelano le retribuzioni e si introducono nuove garanzie molto innovative sulla formazione, sul lavoro agile, sulla partecipazione dei lavoratori, sul welfare, sui congedi parentali, sul lavoro notturno e su altre importanti norme pattizie in linea con il patto della fabbrica» commenta Furlan.
Senza rinnovo
Poi, ci sono tutti i contratti scaduti: meccanica, cartotecnica, legno arredo, ceramica, tessile, calzature, terme, minerario, orafi. Molti tavoli sono aperti. Fra i temi, oltre all’aumento dei minimi contrattuali c’è anche il diritto alla formazione (su cui insistono molto i sindacati) e lo smart working, modalità di lavoro che ha conosciuto un boom a causa del Covid.
La posizione di Landini: «siccome la stessa persona dovrà lavorare in determinate condizioni, il problema è mettere la persona nelle condizioni di poter avere quella libertà e quell’autonomia nel lavoro che gli permetta di raggiungere dei risultati, ma anche di poter essere pagato per quello che fa e nella nuova misura in cui la fa. Per questo penso che i contratti nazionali di lavoro siano importanti».