Non ci sono in vista nuovi provvedimenti per riconoscere l’indennizzo commercianti a coloro che hanno chiuso l’attività entro il 2016 ma non sono riusciti ad agganciare il beneficio perché hanno maturato solo successivamente l’età necessaria. In ogni caso, il Governo assicura attenzione nei confronti della vicenda. Lo ha spiegato Stanislao Di Piazza, sottosegretario al Welfare, in risposta a specifiche interrogazioni parlamentari in commissione Lavoro alla Camera dei Deputati.
Il punto è il seguente: ci sono ancora dei commercianti rimasti fuori dall’indennizzo che, lo ricordiamo, con la manovra del 2019 è diventato strutturale. Successivamente, è intervenuta una nuova disposizione (articolo 11-ter dl 101/2019), che ha specificato il diritto anche a coloro che hanno chiuso l’attività nel 2017 e 2018 (che erano rimasti fuori dalla stabilizzazione dell’ammortizzatori sociale).
I commercianti che invece hanno chiuso prima del 31 dicembre 2016 hanno il diritto al beneficio perché per quell’anno erano già state previste proroghe.
Il problema è relativo a coloro che, pur avendo chiuso prima di questa data, non sono riusciti ad agganciare l’ammortizzatore sociale perché non avevano ancora compiuto l’età necessaria. L’indennizzo commercianti, lo ricordiamo, prevede un’età minima di 62 anni per gli uomini, e di 57 anni per le donne, e l’iscrizione da almeno cinque anni, in qualità di titolari o di coadiutori, alla Gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali.
Di Piazza nella risposta in commissione Lavoro conferma l’attenzione che il Governo ha sempre avuto per «la vicenda dei lavoratori autonomi, costretti a chiudere la propria attività commerciale senza aver raggiunto i requisiti per la pensione di vecchiaia», ma aggiunge anche che in effetti al momento la normativa non copre i commercianti che si trovano nella situazione sopra indicata. E precisa che in ogni caso «gli interventi legislativi che nel tempo hanno introdotto, e successivamente prorogato, l’indennizzo in esame non hanno mai previsto che quest’ultimo potesse essere erogato per cessazioni prima del periodo di riferimento considerato».
Detto questo, il sottosegretario al Welfare tiene a precisare che l’interrogazione parlamentare (presentata lo scorso 26 febbraio), «vale senz’altro ad attirare l’attenzione del Governo sul tema» anche perché «la consapevolezza di aver compiuto un passo significativo non induce certo a rinunciare alla possibilità di compierne di ulteriori, ove si riveli possibile, nella direzione di un ulteriore miglioramento del sistema».