Con la sentenza n. 5290/2020 la Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale, si è espressa in tema di Reddito di Cittadinanza e falsa attestazione dello stato di disoccupazione, facendo chiarezza sulle cause che possono portare al sequestro immediato della card e affermando la legittimità del sequestro della carta in caso di false indicazioni ed omissioni delle informazioni dovute.
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Sentenza Cassazione sul RdC
Il sequestro della Carta Postamat, in vista di una revoca del beneficio, riguarda sia i beneficiari del RdC che lavorano in nero o commettono atti illeciti, sia chi ha omesso o ha dimenticato di aggiornare le informazioni sulla situazione di reddito e patrimonio.
Nella sentenza gli ermellini chiariscono che il sequestro preventivo della carta Reddito di Cittadinanza, nel caso di false o anche parzialmente inesatte indicazioni od omissioni di informazioni dovute, da parte del richiedente, può essere disposto a prescindere dall’accertamento dell’effettiva sussistenza dei requisiti per l’ammissione al beneficio, quindi anche quando il reddito non superi i 9.360 euro annui e anche prima che scatti l’eventuale accertamento.
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Il caso riguardava il ricorso, respinto dagli ermellini, presentato da due coniugi palermitani che avevano perso il beneficio al Reddito dopo un accertamento. L’uomo lavorava, senza averlo reso noto all’Amministrazione, in un laboratorio di pasticceria percependo una somma complessiva inferiore ai 9.360 euro annui. L’attività lavorativa dell’uomo era stata accertata dai carabinieri tramite appostamenti presso il luogo di lavoro.
L’uomo aveva inizialmente dichiarato, per difendersi, che l’attività era svolta in nero, per poi invece produrre un’attestazione relativa all’esistenza di un regolare rapporto di lavoro, sulla base di un contratto di durata semestrale. L’effettivo ammontare del reddito è stato dunque prima taciuto e poi artificiosamente diminuito dagli indagati.
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Gli ermellini precisano che a rilevare, prima dell’accertamento dei requisiti, è la trasparenza nelle comunicazioni reddituali: omissioni o false verità non sono ammesse nemmeno nel caso in cui vengano rispettati i requisiti per accedere al Reddito.
La legge punisce chi omette informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio e non è lasciata al cittadino la scelta su cosa comunicare e cosa omettere.
Spiegano i giudici che quindi hanno disposto la condanna in via definitiva e la decadenza del Reddito anche retroattiva con la restituzione di quanto percepito indebitamente.