Definite le priorità ed il calendario dei lavori da qui a settembre per una proposta condivisa di riforma pensioni da inserire nella Legge di Bilancio 2021: le prossime settimane vedranno le parti entrare nel merito delle singole misure, per capire in che modo superare l’attuale sistema previdenziale stimolando maggiormente la flessibilità in uscita e affrontando temi portanti come la pensione di garanzia per i giovani per limitare gli svantaggi dell’attuale sistema contributivo.
E’ il risultato del primo Tavolo tra Governo e Sindacati (non solo Cgil, Cisl e Uil ma tutte le sigle dei pensionati) tenutosi nella giornata di lunedì 27 gennaio, a margine del quale il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, ha definito le priorità e sono state fissate le date delle prossime riunioni.
=> Riforma pensioni, proposte per donne e giovani
Priorità e roadmap
- Pensione di garanzia per giovani: il negoziato parte il 3 febbraio.
- Reddito pensionati (14esima, rivalutazione assegni ecc.): si parte il 7 febbraio.
- Flessibilità in uscita (focus sulle donne): si parte il 10 febbraio.
- Pensione complementare: prossima riunione il 19 febbraio.
Sono anche state istituite due commissioni tecniche (la prima sulla separazione della spesa sociale tra assistenza e previdenza e la seconda per lo studio dei lavori gravosi) e prevista una terza che lavorerà parallelamente al tavolo di confronto, affrontando la riforma vera e propria insieme a un gruppo di esperti.
Il primo scoglio
La flessibilità in uscita, pur non essendo in cima alle priorità indicate dal ministero, sembra il tema più urgente. Il punto è che fino al 31 dicembre 2021, grazie alla quota 100, c’è una possibilità di pensione anticipata a 62 anni, mentre dal primo gennaio 2022, a legislazione vigente, ci vorranno o i 67 anni per la pensione di vecchiaia o i 42 anni e dieci mesi di contributi per quella anticipata. Uno scalone di cinque anni da un giorno all’altro, che è una delle prime penalizzazioni che la riforma dovrà evitare.
Le posizioni in campo, come è noto, sono distanti. Si va dai sindacati confederali, che chiedono la possibilità di uscire a 62 anni con 20 di contributi (anticipando quindi il paletto anagrafico per la pensione di vecchiaia) oppure a 41 anni di contributi indipendentemente dall’età, all’ipotesi dei tecnici del Governo, che prevede la pensione anticipata a 64 anni e 38 di contributi ma con il ricalcolo interamente contributivo dell’assegno.
L’obiettivo finale
Le pensioni dei giovani rappresentano invece il nodo fondamentale da sciogliere sul lungo periodo. L’esigenza è di assicurare un assegno adeguato a fronte di carriere discontinue e stipendi bassi. Il dibattito è solo all’inizio e l’idea di fondo è per ora quella di una pensione di garanzia.
Sullo sfondo
Gli altri temi sono più tecnici, sostanzialmente andranno a completare il quadro intervenendo su aspetti specifici. Nel prossimo mese di marzo, dopo le prime riunioni dei tavoli tecnici, è prevista una prima verifica politica.
C’è comunque un obiettivo largamente condiviso (sia dai rappresentanti delle parti sociali sia dal Governo): arrivare a una riforma organica del sistema previdenziale.
Come detto, i lavori dovranno in ogni caso concludersi a settembre, in modo da poter inserire almeno un primo pacchetto di misure nella prossima Legge di Bilancio.