Stringono i tempi per l’approvazione del DPB (Documento Programmatico di Bilancio) che il Governo deve inviare entro la mezzanotte del 15 ottobre a Bruxelles, con la direzione che intende prendere con la Legge di Bilancio 2020.
In base ai contenuti di quel documento la Commissione UE esprimerà a fine novembre il parere finale sulla manovra. I lavori sono dunque serrati, e ci sono ancora diversi nodi da sciogliere e incertezze su quelle che saranno effettivamente le misure.
Pensioni: ipotesi mini-rivalutazione
Tra i punti in discussione sul fronte previdenziale, oltre ai possibili ritocchi a Quota 100, a sorpresa c’è anche la parziale indicizzazione delle pensioni, bloccata con la precedente Governo per reperire risorse utili a finanziare proprio Quota 100.
La mancata rivalutazione pensioni integrale fu una scelta allora criticata dal Pd, che entrato ora a far parte della maggioranza spinge per cambiare rotta.
Il precedente Esecutivo M5S-Lega aveva previsto un parziale blocco degli aumenti delle pensioni che aveva visto coinvolti 5,6 milioni di pensionati, una cifra ora destinata a scendere se dovesse essere confermato quanto anticipato dalla sigle sindacali Cgil, Cisl e Uil a margine dell’incontro al MEF sulla manovra, il cui approdo in Consiglio dei Ministri è previsto assieme al Decreto Fiscale intorno al 21 ottobre.
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L’apertura del Conte bis riguarderebbe la rivalutazione degli assegni da 1.522 a 2.029 euro mensili, per i quali verrebbe sbloccata l’indicizzazione piena. In sostanza verrebbe estesa la completa rivalutazione (al 100% rispetto all’attuale 97%) per le pensioni pari a 3 e 4 volte il minimo.
In pratica, l’adeguamento degli assegni fino a circa 2000 euro passerà da una perequazione del 97% a una del 100%. Davvero poca cosa considerando che il grosso della mancata rivalutazione scatta solo a partire dalle pensioni oltre 4 volte il minimo (77%, 52%, 47%…).