Deve essere tassato nel suo Stato il lavoratore freelance che non risulta essere residente in Italia, anche nel caso in cui il datore di lavoro sia italiano. Ma solo se vengono rispettate alcune condizioni. Il caso sottoposto all’Agenzia delle Entrate con l’interpello n. 271/2019 riguardava i compensi percepiti da una consulente esterna (freelance), cittadina italiana, residente in Danimarca, che lavora per una Spa con sede nel nostro Paese, con un contratto di collaborazione coordinata e continuativa. I compensi erogati a favore della contribuente dalla società italiana per cui lavora, serrano stati sottoposti a ritenuta d’imposta nel nostro Paese nella misura del 30% e tassati anche nello Stato estero di residenza. La contribuente freelance, ritenendo che le somme percepite debbano essere tassate soltanto in Danimarca, ha chiesto conferma di questa interpretazione alle Entrate.
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Convenzione Italia-Danimarca
L’Agenzia prima di tutto ha ricordato che, in generale, in base alla disciplina interna, i redditi di collaborazione coordinata e continuativa corrisposti da un soggetto residente a un lavoratore non residente sono imponibili in Italia a prescindere dal luogo di svolgimento dell’attività lavorativa, a meno che non vi siano specifici accordi tra Stati contro le doppie imposizioni che dispongano diversamente.
Entrando nello specifico dell’interpello, tra Italia e Danimarca è in vigore una Convenzione che prende come riferimento il modello di Convenzione OCSE però non contiene una disposizione convenzionale specifica per gli emolumenti erogati in esecuzione di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa. Per capire come comportarsi bisogna fare riferimento alle collaborazioni atipiche, disciplinate dall’articolo 15 della stessa Convenzione, secondo il quale i compensi percepiti da un residente di uno Stato contraente come corrispettivo di un’attività dipendente sono imponibili soltanto in questo Stato, salvo che l’attività lavorativa non venga svolta nell’altro Paese contraente (ovvero quello del datore di lavoro).
E anche in tale ipotesi, l’imposizione spetta ugualmente al Paese del dipendente quando:
- il beneficiario soggiorna nell’altro Stato per non più di 183 giorni in un periodo di dodici mesi che inizi o termini nel corso dell’anno fiscale considerato;
- i corrispettivi sono pagati da o per conto di un datore di lavoro residente nello Stato del lavoratore;
- le remunerazioninon sono a carico di una stabile organizzazione o di una base fissa che il datore di lavoro ha nell’altro Stato.
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Rispondendo alla contribuente, l’Agenzia ha quindi chiarito che i compensi dalla stessa percepiti sono imponibili in via esclusiva nel Paese scandinavo, salvo l’ipotesi in cui l’attività lavorativa sia stata svolta in Italia.
Se i compensi sono riferiti all’attività svolta nel nostro Paese, sono imponibili in Italia e il contribuente dovrà attivare nel Paese in cui risiede gli strumenti volti ad eliminare la doppia imposizione disciplinata dall’articolo 24 della Convenzione e che impone alla Danimarca di riconoscere una detrazione delle imposte versate in Italia non superiore alla quota dell’imposta sul reddito calcolata prima della diminuzione effettuata a seguito di quanto versato al Fisco italiano.