Il lavoratori che oggi guadagnano meno dei 9 euro all’ora (ipotizzabile come salario minimo) sono più dei 3 milioni stimati dall’ISTAT: aggiungendo anche i domestici, il settore agricolo e il pubblico impiego si superano i 4 milioni di persone in Italia.
I nuovi dati sono stati presentati nel corso dai Consulenti del Lavoro nel corso del Festival del Lavoro a Milano del 20-22 giugno.
Valutando l’intera platea, l’adeguamento delle retribuzioni costerebbe ai datori di lavoro circa 5,5 miliardi di euro di maggiori stipendi.
Il loro report calcola inoltre una sorta di effetto trascinamento, con l’aumento dei salari anche per i lavoratori che sono già sopra i 9 euro: applicando un aumento del 5%, l’incremento del costo del lavoro per le imprese arriverebbe a 12 miliardi.
Alcuni esempi relativi agli aumenti di singoli contratti:
Vengono di conseguenza analizzate una serie di criticità legate alla normativa in discussione. In primis:
- impatto sulle relazioni sindacali nelle richieste di aggiornamento dei contratti collettivi nazionali di lavoro,
- minore disponibilità di risorse da destinare a trattamenti retributivi aggiuntivi (premi di produzione) e trattamenti di welfare aziendale, a discapito di produttività, benessere organizzativo e meritocrazia,
- incremento dei fenomeni di dumping sociale nei confronti dei lavoratori stranieri, con il rischio di una nuova ondata di delocalizzazioni e di una diminuzione degli investimenti esteri nelle attività produttive italiane.
La legge sul salario minimo è stata presentata alla camera dal M5S ed è un punto su cui insistono particolarmente i pentastellati, anche nell’ambito del dibattito concentrato sulla prossima manovra economica (che si prepara ad ampliare la platea della flat tax).
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Il dibattito vede (in sintesi) le parti sociali molto critiche (sia le imprese che i sindacati di fatto preferiscono puntare sulla contrattazione), mentre fra gli esperti ci sono posizioni diverse.
A favore il presidente INPS, Pasquale Tridico (M5S): il 15-20% dei lavoratori «guadagnano salari più bassi di 5-6 euro.. per questo serve il salario minimo». L’istituto di previdenza stima che il costo per le imprese, con il salario minimo a 9 euro all’ora, sarebbe intorno ai 10 miliardi di euro. Tridico ritiene che questo potrebbe essere controbilanciato da una riduzione del cuneo fiscale «che possa interessare in qualche modo le imprese che subiscono un aumento del costo».
Positivo sulla proposta anche l’ex ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi: «molti Paesi hanno il salario minimo. Si tratta di vedere a che livello è definito e soprattutto di non sommarlo anche al vincolo dei contratti collettivi qualora il loro minimo fosse superiore a quello di legge. Nei Paesi in cui il salario minimo è legge c’è libertà contrattuale».
Dubbi invece sull’impatto del salario minimo sulla contrattazione, espressi da Giorgio Merletti, presidente Confartigianato: «Abbiamo sempre detto che siamo contrari ad una misura che consideriamo, senza mezzi termini, negativa, sia per le imprese, ma anche e soprattutto per gli stessi lavoratori, i cui salari sarebbero schiacciati sulla soglia minima e perderebbero, insieme alla libera contrattazione, tutti i vantaggi che ne derivano».
Sul fronte sindacale, il segretario della Cgil di Milano, Massimo Bonini, apre invece uno spiraglio: il salario minimo potrebbe risolvere alcuni problemi (ad esempio, relativi alle categorie di lavoratori meno protette), ma «non non è sufficiente. Non c’è solo un tema di salario, ma di tutele (i contratti regolamentano ferie, maternità, riposi, orario di lavoro), e di rappresentanza». Quindi, bisogna accompagnare la legge sul salario minimo, stabilendo con precisione anche il ruolo dei contratti di lavoro e le regole sulla rappresentanza.