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Smart working, nuova cultura del lavoro nelle PMI

di Alessandra Gualtieri

Pubblicato 3 Maggio 2019
Aggiornato 22 Maggio 2019 12:49

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Il lavoro per obiettivi, anima dello smart working, contribuisce allo sviluppo dell'azienda: l'analisi di Dario Villa, Partner Trivioquadrivio.

Lo smart working tende a essere considerato appannaggio delle grandi organizzazioni di impresa. Pur essendo un’attribuzione in larga parte corretta (per motivi meramente numerici, logistici ed economici), l’opportunità di abbracciare nuove modalità di lavoro è tutt’altro che preclusa alle aziende di minori dimensioni.

Al contrario: soprattutto in Italia, dove come risaputo sono proprio le PMI a costituire la “spina dorsale” dell’economia, una reale trasformazione della cultura lavorativa nazionale in prospettiva smart sarebbe possibile proprio se fossero anzitutto le medie e piccole imprese – e non tanto le grandi – a impegnarsi a promuoverla.

Per comprendere la portata di un simile cambiamento va anzitutto inquadrato correttamente il fenomeno del lavoro smart, anche sfatando qualche mito a riguardo.

  • Per prima cosa, per lavorare in modo smart non c’è bisogno di cambiare sede aziendale o dotarsi di dotazioni tecnologiche avveniristiche. Un laptop e uno smartphone sono oggi alla portata di chiunque (anche in logica “bring your own device”, ) e piccoli accorgimenti al layout d’ufficio sono altrettanto facilmente praticabili.
  • In secondo luogo, lo smart working non riguarda tanto – o quanto meno non solo – l’opportunità di lavorare fuori dall’ufficio (ciò che in Italia si definisce “lavoro agile”) o di vivere gli spazi interni in modo più dinamico, magari rinunciando all’ufficio personale o addirittura alla scrivania. A fronte di questi elementi “hard”, che pure sono parte sostanziale del lavoro smart (e a ragione figurano fra i suoi temi più dibattuti), il cambiamento davvero prezioso, cui puntare costruendo apposito percorsi di change management, è quello che impatta sulla cultura del lavoro.

E qui torniamo alle PMI: qualsiasi tipo di azienda, di ogni settore e dimensione, può instaurare prassi lavorative che favoriscano il lavoro per obiettivi, vero cuore dello smart working, abilitando così un profittevole sviluppo dell’organizzazione.

Su questo insistiamo come Trivioquadrivio da diversi anni, tanto nel nostro lavoro consulenziale per le imprese quanto nelle occasioni pubbliche di dibattito e divulgazione: ne parleremo con un gruppo di HR il 24 maggio a Milano presso la Fondazione Stelline (per informazioni e iscrizioni: smartworkitalia.it).

Il punto della questione è questo: se è vero che lo smart working non si pratica solo per far risparmiare l’azienda sulla logistica e i dipendenti sulla benzina (e migliorare la relazione fra vita privata e lavorativa), ma anche e soprattutto per cambiare radicalmente la cultura del lavoro, tale prospettiva di trasformazione è a disposizione di chiunque sia disposto a rimettere in gioco il proprio modo di lavorare.

E questo si può fare potenzialmente anche senza cambiare una virgola di dotazione tecnologica e uffici.

È la testa delle persone a doversi trasformare, mirando alla responsabilità: troppo spesso nelle nostre aziende si lavora solo per compiti, vincolando per di più la percezione di produttività (perché di fatto solo di percezione normalmente si parla) alla presenza in ufficio, meglio se sotto lo sguardo vigile del capo. “Work is not a place, it’s what you do”, recita uno slogan particolarmente efficace.

Come già sottolineato, il lavoro smart è anzitutto lavoro per obiettivi, interpretato come avrebbe voluto il suo ideatore Peter Drucker (forse il più importante studioso di management), cioè ingaggiando le persone anzitutto sul senso e sul valore del proprio fare, diffondendo fiducia e autonomia nell’intera organizzazione e dotandosi di adeguati strumenti di verifica della performance.

Per moltissimi lavoratori italiani lo scarto dal lavoro per compiti a quello per obiettivi somiglia al passaggio da liceo a università: libertà di scelta e autonomia si accompagnano necessariamente a maggiore consapevolezza e, ancora una volta, responsabilizzazione.

Questo è il vero cambiamento, di natura organizzativa, processuale e in definitiva culturale, che rende lo smart working sensato per ogni azienda e lavoratore.

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Articolo di Dario Villa – Partner Trivioquadrivio, esperto di change management applicato al lavoro smart e autore del testo Smart Working, Istruzioni per l’uso (2017).