Con la sentenza n. 4951/2019, la Corte di Cassazione ha affermato che ai dipendenti delle cooperative, a prescindere dal CCNL applicato dal datore di lavoro, deve essere garantito un trattamento economico complessivo minimo previsto, per analoghe prestazioni, dal contratto collettivo del settore o della categoria affine siglato dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
Una sentenza che si pone in contrasto con il fenomeno del dumping salariale messo in atto da alcune società cooperative con il solo scopo di ridurre il costo del lavoro.
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Retribuzione minima
Nella sentenza viene riaffermato un principio fondamentale contenuto già nella sentenza 51/2015 della Corte Costituzionale:
Come si legge nella sentenza della Corte Cost. n. 51 del 2015, “nell’effettuare un rinvio alla fonte collettiva che, meglio di altre, recepisce l’andamento delle dinamiche retributive nei settori in cui operano le società cooperative, l’articolo censurato (art. 7, D.L. n. 248 del 2007, ndr.) si propone di contrastare forme di competizione salariale al ribasso, in linea con l’indirizzo giurisprudenziale che, da tempo, ritiene conforme ai requisiti della proporzionalità e della sufficienza (art. 36 Cost.) la retribuzione concordata nei contratti collettivi di lavoro firmati da associazioni comparativamente più rappresentative”, (in tal senso anche Cass. n. 17583 del 2014; n. 19832 del 2013).
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Libertà sindacale
I giudici precisano inoltre:
Dall’assetto come ricostruito non deriva alcun rischio di lesione del principio di libertà sindacale e del pluralismo sindacale. La scelta legislativa di dare attuazione all’art. 36 Cost., fissando standard minimi inderogabili validi sul territorio nazionale, a tal fine generalizzando l’obbligo di rispettare i trattamenti minimi fissati dai contratti collettivi conclusi dalle associazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative nella categoria, non fa venir meno il diritto delle organizzazioni minoritarie di esercitare la libertà sindacale attraverso la stipula di contratti collettivi, ma limita nei contenuti tale libertà, dovendo essere comunque garantiti livelli retributivi almeno uguali a quelli minimi normativamente imposti.
In sostanza, le singole società cooperative possono scegliere il contratto collettivo da applicare ma non possono riservare ai soci lavoratori un trattamento economico complessivo inferiore a quello che il legislatore ha ritenuto idoneo a soddisfare i requisiti di sufficienza e proporzionalità della retribuzione.