Il riscatto agevolato dei contributi previsto dal decreto su reddito di cittadinanza e pensioni è fra le misure che, secondo l’INPS, rischiano di «ampliare il divario fra pensioni erogate e pensioni contributive, aumentando il debito pensionistico».
Lo ha dichiarato, in sede di audizione al Senato sul dl 4/2019, il presidente dell’istituto previdenziale, Tito Boeri, criticando la misura sul fronte della sostenibilità da una parte, della costituzionalità dall’altro.
Una posizione che ben si inserisce nella cornice del dibattito parlamentare, con emendamenti di maggioranza che propongono un ampliamento della platea dei destinatari della misura.
Si tratta della nuova possibilità di riscatto laurea prevista dall’articolo 20, comma 6, del dl 4/2019, che consente di valorizzare ai fini pensionistici gli anni di università pagando una cifra particolarmente conveniente rispetto a quella ordinaria (circa 5mila euro per ogni anno da riscattare).
La norma attualmente è applicabile a coloro che hanno al massimo 45 anni, ma in sede di conversione in legge ci sono proposte di modifica da parte della maggioranza (quindi, con più chance di passare), per eliminare questo vincolo di età.In effetti, sottolinea Boeri, la scelta di circoscrivere la platea a chi ha meno di 45 anni:
potrebbe porre problemi di costituzionalità violando il principio della parità di trattamento.
Come del resto segnalato anche dal Servizio Studi del Senato.
Se però si elimina questo paletto, sottolinea sempre Boeri, «non essendo questa norma circoscritta a persone che hanno iniziato a versare i contributi a inizio 1996 (contributivi puri), la misura può ampliare il divario fra pensioni erogate e pensioni contributive, aumentando il debito pensionistico. Il tetto di età, per esempio, impedisce di utilizzare questa forma di riscatto laurea per agganciare la quota 100 (che richiede almeno 62 anni di età).
La proposta di Boeri
Delimitare l’applicazione del riscatto agevolato ai contributivi puri (le persone che hanno iniziato a versare i contributi dopo il 31 dicembre 1995), senza imporre limiti d’età.
In questo modo, non c’è rischio di incostituzionalità ma si evitano le ricadute negative in termini di sostenibilità. L’attuale formulazione della norma sembra già andare in questo senso, perché si riferisce alla possibilità di riscattare «periodi da valutare con il sistema contributivo».
In realtà, la formulazione implica semplicemente che gli anni da riscatto laurea sarebbero poi conteggiati con il sistema contributivo, lasciando aperta la possibilità di effettuare l’operazione anche a coloro che calcolano la pensione con il retributivo o con il sistema misto.
=> Riscatto ordinario della laurea ai fini previdenziali
Ricordiamo in estrema sintesi che, come ha spiegato Boeri al Senato, questa nuova forma di riscatto della laurea prevede il versamento di un contributo, per ogni anno da riscattare, pari a poco più di 5mila euro (il livello minimo imponibile annuo di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 233/1990, moltiplicato per l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche dell’assicurazione generale obbligatoria per i lavoratori dipendenti, vigenti alla data di presentazione della domanda).