Dopo quella fiscale arriva anche la pace contributiva: consente di riscattare periodi contributivi non coperti da versamenti agli istituti previdenziali, fino a un massimo di cinque anni. Si tratta di un nuovo strumento, previsto dalla bozza di decreto legge che dovrà dare attuazione alla riforma pensioni e in particolare alla quota 100. Per avere certezze bisogna attendere l’approvazione in Consiglio dei Ministri (attesa la prossima settimana), ma sembra probabile che questo provvedimento di pace contributiva venga confermato (non risulta al centro di dibattito).
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Ecco come funziona: è una possibilità prevista nel triennio 2019-2021 destinata ai dipendenti pubblici e privati, agli iscritti alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi e alla gestione separata. Devono essere privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, quindi lo strumento è attivabile solo dai cosiddetti contributivi puri (versamenti a partire dal primo gennaio 1996).
Non possono utilizzarlo coloro che calcolano la pensione con il sistema retributivo o misto. Facendo i calcoli, risulta quindi non praticabile per raggiungere il requisito per la quota 100, destinata a lavoratori con maggiore anzianità (ci vogliono 62 anni di età e 38 di contributi). La pace contributiva non è altresì prevista per coloro che percepiscono già una pensione.
Il riscatto contributi può riguardare i periodi per i quali non sussiste l’obbligo contributivo, e che non siano già coperti da contribuzione, compresi fra la data di prima iscrizione all’istituto previdenziale e quella dell’ultimo contributo accreditato. Ad esempio, periodi di disoccupazione. C’è un limite di cinque anni riscattabili, anche non consecutivi. La domanda può essere fatta anche dai superstiti, parenti e affini entro il secondo grado.
Il riscatto è oneroso ma c’è un’agevolazione fiscale. In pratica, l’onere si calcola in base a quanto previsto dall’articolo 2, comma 5, dlgs 184/1997, applicando l’aliquota contributiva prevista dal regime presso il quale si esercita il riscatto agli ultimi 12 mesi di retribuzione. L’incentivo fiscale consiste in una detrazione al 50%, ripartita in cinque quote annuali di pari importo.
Come ai paga l’onere di riscatto: con un unico versamento, oppure in un massimo di 60 rate mensili. Attenzione: se il riscatto viene effettuato per l’immediata liquidazione di una pensione, o per l’accoglimento di una domanda di versamento contributi volontari, allora non è possibile la rateizzazione.
Importante: l’onere di riscatto può essere pagato anche dal datore di lavoro utilizzando i premi di produzione. Le relative somme sono deducibili dal reddito d’impresa.