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Pensione anticipata, verso quota 41 dal 2022

di Barbara Weisz

4 Dicembre 2018 15:53

Nuova ipotesi per la Riforma Pensioni, quota 100 solo per tre anni, dal 2022 sostituita dalla pensione anticipata con quota 41: il dibattito e le proposte sul tavolo.

Quota 100 per tre anni, fino al 2021, sostituita poi dalla pensione anticipata con 41 anni di contributi: è l’ultima ipotesi di lavoro in vista della Riforma pensioni che il Governo prevede di mettere a punto entro la fine dell’anno, con ogni probabilità attraverso emendamenti alla Legge di Bilancio. Questa in realtà è un’altra novità degli ultimi giorni, dopo che nelle scorse settimane era stato annunciato un provvedimento separato dalla manovra per introdurre, appunto, le misure di Riforma Pensioni, oltre che il reddito di cittadinanza. Adesso invece l’orientamento sembra quello di inserire le novità in materia previdenziale attraverso emendamenti alla legge di Stabilità, con ogni probabilità nel corso del passaggio in Senato.

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Oltre alla questione dell’iter, vediamo come si prepara la misura nel merito. Restano i paletti minimi a 62 anni di età e 38 anni di contributi, da rispettare entrambi (quindi, con 61 anni di età e 39 anni di contributi, niente quota 100). Si prevedono quattro finestre trimestrali annue di uscita, che nel 2019 saranno però solo tre (a partire da aprile). Divieto di sommare redditi dal lavoro fino al compimento dei 67 anni (l’età pensionabile). Sembra che l’intenzione del Governo sia però quella di prevedere la quota 100 solo fino al 2021. Successivamente sarà sostituita dalla quota 41, che consentirà di andare in pensione con 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età. Anche quest’ultima è una misura prevista dal contratto di Governo, e in base a queste ultime indiscrezioni sarebbe quindi destinata a venire attuata nella seconda parte della legislatura.

Altri dettagli: la finestra trimestrale di uscita sembra destinata a valere solo per il privato, i dipendenti pubblici potranno invece scegliere solo due finestre di uscita annuali, con cadenza semestrale.

Segnaliamo infine che il dibattito negli ultimi giorni si è ulteriormente complicato, con nuove proposte sul tavolo. Ad esempio, quella di Alberto Brambilla, presidente di Itinerari previdenziali, nonchè consulente del Governo, secondo il quale si potrebbe limitare la misura a coloro che hanno raggiunto il requisito (62 anni di età e 38 di contributi, appunto), entro il 31 dicembre 2018. Con un meccanismo a ritroso, per cui il diritto spetterebbe subito (nella prima finestra trimestrale 2019, con assegno in aprile) a coloro che al prossimo 31 dicembre hanno raggiunto il requisito da almeno due anni, e poi via via si riducono mesi per ogni finestra fino al 2020 (quindi, in luglio 2019 sarà il turno di coloro che al 31 dicembre 2018 avevano maturato il requisito da 18 mesi e così via). Subito il vicepremier Salvini ha eslcuso che sia questa la strada che l’esecutivo intende percorrere.

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La risposta definitiva arriverà nelle prossime settimane, quando il Governo presenterà la proposta definitiva di Riforma Pensioni (l’ipotesi attuativa al momento più gettonata è quella della presentazione di un emendamento alla Legge di Bilancio in Senato).