Nell’ambito della trattativa con l’Unione Europea sul rapporto deficit/PIL, che scenderà di almeno due punti rispetto al 2,4% attualmente previsto, l’ipotesi più probabile è il taglio parziale delle risorse che la Legge di Bilancio prevede di destinare nel 2019 al reddito di cittadinanza e alla riforma delle pensioni.
=> Legge di Bilancio senza riforma pensioni e reddito di cittadinanza
Restano fermi i requisiti fondamentali per andare in pensione con la quota 100 dal 2019, ovvero i 62 anni di età e 38 anni di contributi, mentre si discute ancora sul meccanismo concreto di uscita (finestre trimestrali, o semestrali per i dipendenti pubblici), sul divieto di cumulo con altre attività lavorative (solo fino al compimento dell’età per la pensione di vecchiaia) e sull’entrata in vigore. Sono infatti due le leve che si possono usare per risparmiare: ridurre la platea (inserendo paletti) dei beneficiari oppure ritardare l’esordio. Quest’ultima sembra possibilità più gettonata, anche se il vicepremier e Ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, insiste:
Vi confermo che il reddito di cittadinanza parte a marzo, come ci siamo sempre detti, quota 100 prima (quindi a febbraio, ndr).Per quota 100 ci sarà il divieto di cumulo, il che significa che liberiamo veramente posti di lavoro. Per quanto riguarda il reddito di cittadinanza, la platea non cambia. Quindi vedrete anche dalle relazioni tecniche come le misure non cambieranno.
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Finestre mobili
Per il settore privato, gli assegni non arriveranno prima di aprile, in considerazione del meccanismo delle finestre trimestrali. In pratica, per coloro che maturano i requisiti e presentano la domanda per ritirarsi con questa nuova forma di flessibilità in uscita, è prevista un’attesa di tre mesi. Nel 2019, quindi, la prima uscita utile dovrebbe essere quella di aprile.
mentre per i dipendenti pubblici le finestre avranno cadenza semestrale: tre mesi di preavviso all’amministrazione, altri tre per aspettare la prima uscita utile. Per i dipendenti pubblici si studia però un’agevolazione relativa al TFR: con le attuali regole, devono aspettare da uno a due anni (più tre mesi), con uno scaglionamento che dipende anche dall’entità della liquidazione. Per chi andrà in pensione con la quota 100, però, si pensa a un finanziamento bancario che anticipi il trattamento, senza oneri per il pensionato (gli interessi li paga lo Stato).
Contributi figurativi e riscatto
Un altro aspetto da chiarire riguarda la contribuzione valida per raggiungere i 38 anni necessari per la quota 100. Inizialmente sembrava che l’orientamento dell’esecutivo fosse quello di prevedere almeno due anni di eventuale contribuzione figurativa, la stretta necessaria potrebbe addirittura escludere del tutto tutti i contributi non effettivamente versati. Tuttavia, un meccanismo simile a quello della pace fiscale consentirebbe di sanare le pendenze dal 1996, versando un onere di riscatto parametrato alla retribuzione media dei 12 mesi precedenti al mancato versamento.
Cumulo redditi
Infine, il divieto di cumulo con i redditi da lavoro: il meccanismo dovrebbe prevederlo fino al compimento dei 67 anni. Quindi, durerebbe cinque anni per chi si ritira a 62 anni, quattro per chi va in pensione con la quota 100 a 63 anni, continuando con questa progressione fino all’azzeramento al compimento dell’età pensionabile (a quel punto, il pensionato sarebbe libero di lavorare).
Sottolineiamo che su questo punto si registra una posizione particolarmente critica del presidente dell’INPS, Tito Boeri, secondo il quale si tratterebbe di un disincentivo a ritirarsi, in controtendenza con lo spirito della maggior flessibilità in uscita, con in più il rischio di alimentare il lavoro nero invece che favorire il ricambio generazionale come punta a fare il governo.
Riforma Pensioni: altre misure
Ancora incerto il destino dell’Opzione Donna (possibile proroga, fino al 31 dicembre 2018 con gli attuali requisiti, ossia 35 anni di contributi e 57 o 58 anni di età, rispettivamente per dipendenti e autonome, oppure fino al 2020-2021 alzando l’asticella contributiva) e dell’APE Social (che scade il 31 dicembre 2018).
Ricordiamo che le misure di riforma pensioni non sono inserite in Legge di Bilancio, dove ci sono solo gli stanziamenti finanziari, pari a 6,7 miliardi nel 2019 e 7 miliardi dal 2018, con la previsione di un taglio sostanzioso per ridurre il debito. Tutte le regole attuative saranno comunque inserite in un apposito decreto, che il Governo ha annunciato entro la fine dell’anno.