Il codice E che i medici indicano sul certificato di malattia esenta il paziente dalla reperibilità nelle fasce orarie previste dalla legge, ma non evita l’eventuale visita fiscale. Dunque, è inutile chiedere al proprio medico di apporre questo codice sulla ricetta per mettersi al riparo dai controlli.
Innanzitutto, è il medico l’unico che può decidere se ci sono le condizioni per applicare il codice E, che indica patologie gravi che richiedono terapie salvavita, comprovate da idonea documentazione della Struttura sanitaria, oppure stati patologici sottesi o connessi a situazioni di invalidità riconosciuta, in misura pari o superiore al 67%. Il riferimento di prassi è la circolare 95/2016.
Che, fra l’altro, ricorda come i medici del Servizio Sanitario Nazionale o convenzionati che redigono i certificati di malattia dei lavoratori agiscano, «secondo consolidata giurisprudenza, in qualità di pubblici ufficiali e sono tenuti, pertanto, ad attestare la veridicità dei fatti da loro compiuti o avvenuti alla loro presenza nonché delle dichiarazioni ricevute senza ometterle né alterarle, pena le conseguenti responsabilità amministrative e penali».
Quindi, non ha senso chiedere al medico di compilare il certificato in modo che non sia perfettamente corretto.
In ogni caso, il Codice E, che ha i limiti sopra previsti, esonera il paziente dal rispetto delle fasce di reperibilità. Ma rende comunque possibile la visita fiscale, sia su richiesta del datore di lavoro sia d’ufficio.