Illegittimo l’articolo 3, comma 1, del decreto legislativo n. 23/2015 (c.d. Jobs Act) contenente la riforma del mercato del lavoro che ha introdotto il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale. Si tratta dell’articolo relativo ai licenziamenti: secondo la Consulta sarebbe incostituzionale legare l’indennità di licenziamento all’anzianità di servizio.
Indennità di licenziamento
Un articolo che il Decreto Dignità non ha modificato, lasciando inalterata parte della norma che prevede una determinazione piuttosto rigida dell’importo dell’indennità spettante al lavoratore ingiustificatamente licenziato, calcolata in modo proporzionale all’anzianità di servizio del lavoratore.
Il Jobs Act aveva infatti previsto un risarcimento pari a due mesi di stipendio per ogni anno di anzianità di servizio, con un limite minimo di quattro mesi di stipendio ed un massimo di ventiquattro mesi. Il Decreto Dignità ha ritoccato questi limiti, portandoli rispettivamente a 6 e 36 mesi, ma non ha modificato il meccanismo di determinazione, lasciandolo legato all’anzianità di servizio.
A chiedere una valutazione sulla legittimità costituzionale di tale meccanismo era stata la sezione lavoro del tribunale di Roma. Secondo la Corte Costituzionale tale modalità di calcolo sarebbe contraria ai principi di ragionevolezza e di uguaglianza e contrasterebbe con il diritto e la tutela del lavoro sanciti dagli articoli 4 e 35 della Costituzione.
Secondo la Corte non sarebbe invece in contrasto con la Costituzione l’eliminazione della tutela reintegratoria, salvi i casi in cui questa è stata prevista, e dell’integrale monetizzazione della garanzia offerta al lavoratore, quanto in ragione della disciplina concreta dell’indennità risarcitoria, destinata a sostituire il risarcimento in forma specifica, e della sua quantificazione.
Licenziamenti impugnati
L’effetto immediato della sentenza è che ora l’indennizzo per i licenziamenti illegittimi dovrà essere valutato a discrezione del giudice. Di fatto, in caso di impugnazione del licenziamento, se ritenuto ingiustificato, per l’indennizzo il giudice dovrà valutare caso per caso.
Solo nel 2017, secondo i dati del Ministero della Giustizia, sono stati 20.580 licenziamenti impugnati nel settore privato (-8% rispetto al 2016) e a fine anno erano ancora 17.724 le cause pendenti. Per molti, la decisione della Consulta comporterà un aumento dei contenziosi e si ritiene che di fronte alla mole di lavoro i giudici finiranno per prendere decisioni del tutto simili al criterio stabilito dalla norma cancellata.