Non passa giorno senza che, all’interno della maggioranza di Governo, non intervenga un nuovo elemento sulla quota 100, la misura principale di Riforma Pensioni che verrà inserita nella Legge di Bilancio 2019. Dopo che, nei giorni scorsi, il consulente della Lega Alberto Brambilla aveva chiarito che la misura conterrà dei paletti (64 anni di età e 36 anni di contributi), interviene il vicepremier Matteo Salvini proponendo di ampliare la platea a chi ha almeno 62 anni.
Il problema resta però il costo della misura: più si allarga la platea, maggiore è il costo per le finanze pubbliche. L’ipotesi più probabile sembra quella messa a punto da Brambilla, che prevede almeno 64 anni di età e 36 anni di contributi. Si tratta di una formulazione che privilegia il diritto ad andare in pensione raggiunta una certa età anagrafica piuttosto che il versamento dei contributi. Abbassando invece il paletto anagrafico, come da proposta Salvini, si alzano gli anni di contribuzione necessaria.
L’età minima di 64 anni «è un limite troppo alto», dichiara però il titolare degli Interni, che vorrebbe abbassare il requisito e che non esclude nemmeno la possibilità di inserire in manovra la pensione con 41 anni di contributi, alzando però l’asticella di altri sei mesi (aggiungendo anche le aspettative di vita, si arriverebbe a 41 anni e 11 mesi).
Si tratta semplicemente di elementi di dibattito, che evidentemente rappresentano ipotesi sulle quali lavorano i tecnici dell’esecutivo. Ma, è bene sottolinearlo, per consentire la formulazione della Riforma Pensioni vera e propria bisogna attendere il testo della Legge di Bilancio 2019, che il Governo presenterà entro il 15 ottobre.
Detto questo, in base al modo in cui si sta sviluppando il dibattito, le ipotesi più probabili vedono l’introduzione della sola quota 100 in manovra, anche se non si sa con quali paletti.
Un altro elemento ancora in discussione riguarda eventuali sconti destinati ad alcune categorie specifiche di lavoratori, in particolare i precoci (ovvero coloro che hanno almeno un anno di contributi versati prima dei 19 anni di età) e le donne con figli. Un’ipotesi prevista dalla proposta Brambilla, che però non si sa esattamente come sarà formulata.
La quota 100 sarà destinata a sostituire l’APE social, previsto in via sperimentale fino al 31 dicembre 2018, e che non verrà prorogato. Allo studio ci sono però misure che prevedono l’intervento dei fondi di solidarietà per i lavoratori che attualmente sono compresi nell’APe social (disoccupati che hanno terminato di utilizzare gli ammortizzatori sociali, caregiver, lavoratori con disabilità pari almeno al 70%, addetti a mansioni gravose).
La quota 100 non è l’unica misura di Riforma Pensioni destinata a confluire in manovra. In vista c’è anche il taglio delle pensioni d’oro: in realtà, qui c’è una specifica proposta di legge, che riguarda i trattamenti sopra i 4mila euro netti al mese, ma non si esclude che la misura alla fine venga inserita in manovra, magari rimodulando il tetto sopra il quale far scattare la riduzione.
Le pensioni d’oro verrebbero ridotte in proporzione ai contributi versati (semplificando un po’, si tratta di una sorta di ricalcolo interamente contributivo).
Non si parla più, infine, di proroga dell’Opzione Donna, ipotesi che era stata fatta prima dell’estate (rendendo possibile questa forma di pensione anticipata alle lavoratrici che maturano il requisito dei 57 anni di età, o 58 per le autonome, con 35 anni di contributi, entro il 31 dicembre 2018).