Si arricchisce di nuove regole la Riforma dei contratti a termine contenuta nel Decreto Dignità dopo il passaggio in Commissione alla Camera, con un nuovo tetto del 30% al numero di lavoratori a termine, anche in somministrazione. Il testo del provvedimento è, da lunedì 30 luglio, all’esame dell’aula di Montecitorio, per un’approvazione in tempi rapidi, nel tentativo di terminare l’iter parlamentare della legge di conversione, che poi dovrà passare al Senato, entro la pausa estiva.
Decreto Dignità senza fiducia: le novità
Il Governo ritiene che il testo riesca a rispettare la tempistica prevista senza bisogno di ricorrere a voti di fiducia. Lo ha ribadito lo stesso ministro del Lavoro Luigi Di Maio:
Credo che questa settimana riusciremo a votarlo senza la fiducia.
Fra le modifiche fondamentali introdotte in Commissione, oltre a quelle sui contratti a termine, gli incentivi all’assunzione a tempo indeterminato con il bonus contributivo del 50% esteso fino al 2020 fino a 35 anni e nuovi voucher per settore agricolo, alberghi e per gli enti locali.
Riforma contratti a termine
Per quanto riguarda i contratti a termine, resta l’impianto fondamentale per cui ci vuole la causale dopo 12 mesi, i rinnovi possono essere al massimo quattro, per un tempo massimo di due anni.
Vengono anzi definite regole di automatismo, in base alle quali se un contratto a termine dura oltre 12 mesi in assenza della causale, si trasforma a tempo indeterminato a partire dalla data di superamento del termine dei 12 mesi. Lo stesso meccanismo scatta in tutti i casi di violazione delle norme sulla causale.
Restano escluse dall’obbligo di causale le attività stagionali, anche in caso di rinnovo.
E’ stata poi inserita una clausola di transizione, in base alla quale in ogni caso, fino al 31 ottobre 2018, ai rinnovi e alle proroghe si applicano le vecchie regole. I nuovi contratti, invece, devono rispettare da subito le nuove regole (quindi oltre i 12 mesi prevedere la causale).
E c’è poi l’ulteriore paletto, in base al quale:
Il numero dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato ovvero con contratto di somministrazione a tempo determinato non può eccedere complessivamente il 30% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore.
In pratica, in un’azienda il numero dei contratti a termine non può mai superare il 30% degli assunti a tempo indeterminato, anche calcolando i contratti in somministrazione.