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Rivalutazione pensioni: bocciata class action

di Anna Fabi

20 Luglio 2018 10:30

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Corte di Giustizia UE boccia la class action contro perequazione pensioni: le norme previste dal decreto Poletti non hanno violato i diritti dei pensionati.

Irricevibile il ricorso contro la mancata indicizzazione delle pensioni: la Corte di Strasburgo ha bocciato la class action di 10mila pensionati italiani contro il decreto Poletti (decreto n.65/2015). Con la decisione della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo viene respinta definitivamente la class action contro il decreto che ha riguardato la perequazione delle pensioni per il 2012 e 2013.

Class action contro decreto Poletti

Il riferimento è alla norma con cui l’allora ministro del Lavoro Poletti, aveva disposto la restituzione della rivalutazione bloccata dalla Legge Fornero per il 2012 e il 2013 per le pensioni con un importo mensile di tre volte superiore al minimo INPS pari a circa 1.450 euro lordi (tale blocco dell’adeguamento automatico all’inflazione delle pensioni che era stato bocciato dalla Corte Costituzionale).

Il punto è però che il bonus Poletti non aveva riguardato tutte le pensioni e non era stato distribuito in egual misura: la restituzione era stata totale solo per le pensioni fino a 3 volte il minimo INPS; per quelle da 3 a 4 volte è stato concesso il 40%; per gli assegni superiori di 4-5 volte il minimo il 20%; per quelli tra 5-6 volte il 10%; le pensioni superiori a 6 volte il minimo sono state escluse dalla restituzione.

I pensionati avevano quindi presentato ricorso mediante class action ritenendo che tale provvedimento avesse prodotto un’ingerenza immediata sulle proprie pensioni per il 2012 e 2013 e permanente per effetto del blocco sulle rivalutazioni successive, oltre a non perseguire l’interesse generale, essere sproporzionato e aver violato il loro diritto alla proprietà.

La decisione di Strasburgo

Secondo la Corte europea il decreto e le misure prese dal Governo e dal legislatore italiani non hanno violato alcun diritto dei pensionati perché la riforma del meccanismo di perequazione delle pensioni è stata introdotta per proteggere l’interesse generale e soprattutto per proteggere il livello minimo di prestazioni sociali e garantire allo stesso tempo la tenuta del sistema sociale per le generazioni future in un periodo in cui la situazione economica italiana era particolarmente difficile.

Inoltre, secondo la Corte:

Gli effetti della riforma del meccanismo di perequazione sulle pensioni dei ricorrenti non sono a un livello tale da esporli a delle difficoltà di sussistenza incompatibili con quanto prescritto dalla convenzione europea dei diritti umani.

La misura, secondo la Corte, seppur definita controversa dai giudici:

Non sembra avere avuto un impatto significativo per gli anni in questione: per il 2012 l’impatto negativo delle disposizioni criticate, che è nullo per le pensioni inferiori a circa 1.500 euro, sale al 2,7% per le pensioni di oltre 3.000 euro; un risultato simile può essere calcolato sul 2013.