L’indennità di maternità può essere fruita anche dalla madre che sia stata assente dal lavoro per oltre 60 giorni per assistere il familiare disabile. (cfr.: Corte Costituzionale, Sentenza 158/2018, che ha dichiarato l’illegittimità dell’Articolo 24 comma 3, del Testo unico sulla maternità). In sostanza, il congedo straordinario Legge 104 di cui all’articolo 42, co.5 del Dlgs 151/2001 è irrilevante. Nel calcolo dei 60 giorni, tra l’inizio della maternità e la fine del rapporto di lavoro (periodo che assicura il diritto all’indennità) non si deve tenere conto dei giorni di congedo biennale di cui la lavoratrice gestante abbia fruito per l’assistenza al coniuge convivente o a un figlio, portatori di handicap in situazione di gravità, così come normalmente avviene in caso di infortunio. L’indennità giornaliera di maternità può infatti essere concessa anche alle lavoratrici gestanti che si trovino, all’inizio del periodo di congedo di maternità, sospese o assenti dal lavoro senza retribuzione, a anche disoccupate purché non siano decorsi più di sessanta giorni. Ai fini del computo di tale periodo, pertanto, non si tiene conto:
- delle assenze di malattia e d’infortunio;
- del periodo di congedo parentale o per la malattia del figlio per una precedente maternità;
- del periodo di assenza per accudire minori in affidamento;
- del periodo di mancata prestazione lavorativa prevista da part-time verticale.
L’esclusione del congedo straordinario si rivelerebbe irragionevole anche alla luce delle speciali previsioni dell’art. 24, comma 3, d.lgs. n. 151 del 2001, che non comprendono nel computo dei sessanta giorni il periodo di congedo parentale o per la malattia di altro figlio. Come specifica la sentenza:
l’estensione dei beneficiari del congedo straordinario risponde all’esigenza di garantire la cura del disabile nell’àmbito della famiglia e della comunità di vita cui appartiene, allo scopo di tutelarne nel modo più efficace la salute, di preservarne la continuità delle relazioni e di promuoverne una piena integrazione.