La Riforma Pensioni del Governo Conte, con la quota 100 e la pensione anticipata a 41 anni di contributi, comporta 750mila pensionati in più, con un costo per le casse dello stato che, a seconda di come verranno formulate le opzioni allo studio, potrebbe essere a regime fra gli 11 e i 18 miliardi.
Le stime sono del presidente INPS, Tito Boeri, che ha affrontato il tema nel corso della relazione annuale dell’istituto di previdenza.
Siamo così sicuri che tornando indietro accontenteremmo coloro che oggi a parole chiedono l’abrogazione della Legge Fornero?»
Il ragionamento del presidente dell’INPS parte dal fatto che le pensioni, in Italia, sono mediamente più alte che nel resto d’Europa in termini percentuali rispetto allo stipendio da lavoro.
La pensione vale circa l’85% del reddito da lavoro medio mentre nel resto d’Europa siamo attorno al 60%. Non è perciò sorprendente che la riforma pensionistica del 2011 sia così odiata dagli italiani.
Resta il fatto che «tornare indietro del tutto non è possibile». Ad esempio, «i costi legati a ripristinare in toto o in parte le pensioni di anzianità» sono «molto rilevanti».
Boeri ha presentato una serie di stime legati a diversi scenari:
- quota 100 pura, ovvero senza limiti di età o contributivo (il requisito è che la somma dei due elementi sia pari a 100), oppure pensione con 41 anni di contributi (costo fino a 20 miliardi l’anno);
- quota 100 a 64 anni o pensione con 41 anni di contributi: è l’ipotesi che al momento sembra più gettonata, che potrebbe anche confluire nella prossima manovra di Bilancio, ed essere quindi disponibile a partire dal 2019 (costo 18 miliardi annui);
- quota 100 a 65 anni o pensione con 41 anni di contributi (costo 17 miliardi annui);
- quota 100 (a 64 anni minimi di età) a legislazione invariata sulla pensione anticipata (costo fino a 8 miliardi).
Ci sono comunque, secondo Boeri, spazi per aumentare la flessibilità in uscita, ad esempio accelerando la transizione verso il sistema contributivo.
Attualmente, lo ricordiamo, il contributivo puro si applica a coloro che hanno iniziato a effettuare versamenti dopo il primo gennaio 1996, mentre ai lavoratori più anziani di applica il calcolo misto, oppure quello retributivo, limitatamente al caso in cui ci siano almeno 18 anni di versamenti precedenti al 1996.
Per i versamenti dal primo gennaio 2012, in ogni caso, il calcolo è contributivo.