Il mercato del lavoro nel post crisi economica si presenta profondamente mutato e arricchito dei cosiddetti gig workers, protagonisti dell’economia dei “lavoretti” che, secondo una ricerca della Fondazione Rodolfo De Benedetti, guadagnano intorno agli 800 euro con una media di 20-30 ore a settimana.
In parallelo emerge la quitting economy, popolata di professionisti che lasciano il lavoro stabile per avviare nuovi progetti e trovare un miglior equilibrio tra vita privata e occupazione.
Gig workers
Si tratta di almeno 700mila persona che realizzano lavori di ogni tipo, di cui 150mila come prima occupazione. Sono annidati nel settore dei servizi ed eseguono la propria attività principalmente su chiamata (21%), ma anche tramite app o strumenti online. Tra le attività le più comuni: baby sitter, idraulici, addetti per le pulizie e rider, che decidono di accettare lavori anche tramite piattaforme.
Dalla ricerca emerge che il 54% dei gig workers sono uomini, mentre relativamente all’età, quelli sotto i 40 anni sono circa il 49% del totale, di questi il 22% ha tra i 18 e i 29 anni.
Alcuni utilizzano come strumento contrattuale il co.co.co., altri la partita IVA, altri i voucher.
Di certo l’obiettivo è il guadagno economico, che può stimarsi in una media oraria di 12 euro nel caso di giovani, che raddoppia in caso di impegno e professionalità più significativa. Interessante anche il dato sui gig worker a tempo pieno, che mediamente guadagnano 839 euro al mese, lavorando da 20 a 30 ore la settimana.
Quitting economy
Molti oggi anche i professionisti che lasciano l’impiego fisso per seguire le proprie vocazioni e sopratutto per avere più tempo per sé. Di fatto, l’obiettivo è quello di evitare la claustrofobia lavorativa cambiando stimoli e progetti, gestendo in maniera personale il rapporto tra il tempo speso per il lavoro e la famiglia.
La quitting economy rappresenta a pieno il concetto secondo cui “i migliori lavoratori si muovono in maniera agile fra un’azienda e l’altra”, secondo Reid Hoffman, co-fondatore di LinkedIn.
Cambia totalmente il modo di concepire l’aspetto lavorativo. Non più aspirazione al posto fisso (chimera) quanto piuttosto ricerca di professionalità rivendibili. In pratica la ricerca di un proprio mercato, che possa dare al lavoratore la perfetta concezione delle proprie competenze e la possibilità di scegliere come e quanto lavorare.