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Cinque mesi in più per la pensione contributiva

di Barbara Weisz

9 Maggio 2018 14:47

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Innalzamento età pensionabile e scatti per aspettative di vita anche per i quindicenni che esercitano l'opzione del contributivo pieno: sentenza di Cassazione.

Se un lavoratore ottiene il via libera per la pensione con il sistema contributivo ma nel frattempo scatta un aumento dei requisiti anagrafici a causa delle aspettative di vita, deve tenerne conto: lo stabilisce la Cassazione in riferimento ai nuovi requisiti ma che, per estensione, si può applicare agli effetti della Riforma Fornero 2011 e successivi casi analoghi. La sentenza 10432 del 2 maggio 2018 ha dunque stabilito che non c’è salvaguardia da parte di chi ha esercitato l’opzione per il contributivo senza aver ancora maturato il diritto alla pensione.

  Il caso riguardava un dipendente che aveva chiesto e ottenuto di esercitare il diritto alla pensione contributiva prevista dalla legge 335/1995 (la cosiddetta pensione quindicenni) che consente in particolari condizioni di ritirarsi con 15 anni di contributi accettando un calcolo interamente contributivo della pensione.Prima che l’assistito maturasse il requisito, l’entrata in vigore delle leggi 243/04 e 247/07 avevano innalzato il requisito anagrafico, prevedendo un’età minima di 60 anni e il sistema delle quote. Risultato: allontanamento della pensione, pur in presenza della certificazione del diritto a utilizzare l’opzione contributiva.

Fra l’altro, la stessa legge 243/2004 conteneva una precisa indicazione in tal senso, prevedendo l’applicazione delle vecchie regole solo per chi maturava i requisiti entro il 2017, applicando invece i nuovi requisiti a coloro che andavano in pensione successivamente. In ogni caso, recita la sentenza:

il diritto alla pensione sorge nell’istante in cui si perfezionano nella sfera giuridica del soggetto protetto tutti i requisiti previsti dalla singola fattispecie pensionistica ed è la legge che disciplina nel tempo i requisiti di accesso, consentendo, attraverso previsioni transitorie di tipo discrezionale, la tutela delle aspettative formatesi nel vigore dell’assetto normativo precedente.

Traduzione: quando intervengono riforme previdenziali, le aspettative di pensione si allontanano per tutti coloro che hanno i requisiti di età e contribuzione previsti dalla nuova normativa. Le eventuali norme transitorie servono proprio a tutelare eventuali diritti acquisiti. Stesso discorso per gli aumenti delle aspettative di vita, che ad esempio dal 2019 comporteranno cinque mesi in più sia per la pensione di vecchiaia sia per quella anticipata. Le uniche eccezioni sono rappresentate dai casi in cui esplicitamente c’è l’esclusione da questo adeguamento (ad esempio, per lo svolgimento di lavori usuranti).

Si tratta di una questione che si è posta, ad esempio, in relazione al caso esodati (lavoratori rimasti senza stipendio e senza pensione in seguito alla legge di fine 2011). Ma la differenza fondamentale, rispetto al caso sopra esaminato dalla sentenza di Cassazione, è rappresentata dal fatto che gli esodati erano già stati espulsi dal mondo del lavoro, spesso con accordi sindacali, nel momento in cui è entrata in vigore la legge. In quel caso, quindi, non avevano semplicemente una determinata aspettativa basata su norme vigenti ma un accordo scritto che li accompagnava alla pensione.

In questo caso, invece, il lavoratore aveva semplicemente avuto il riconoscimento del diritto a esercitare l’opzione contributiva, fermo restando l‘obbligo di maturare i requisiti di legge per andare in pensione.