L’attività di caregiver familiare è particolarmente impegnativa sia dal punto di vista emotivo che da quello pratico e fisico, per questo, tra coloro che assistono i propri congiunti gravemente malati non sono rari casi di problemi di salute, fisica e psicologica, in particolar modo quando il periodo di cura si protrae per lungo tempo. Per non parlare degli effetti drammatici causati dall’emergenza Coronavirus negli ultimi due anni.
Sindrome del caregiver: cos’è
Una condizione che viene definita sindrome del caregiver e che si manifesta sotto forma di stanchezza fisica, psicologica e mentale, perdita di motivazione, angoscia, fatica e depressione. A generare questo stato è il carico di responsabilità che grava sul caregiver, l’impossibilità di prendersi pause, vacanze e periodi malattia, diversamente da quanto accade al caregiver professionale, e, ancora di più, il coinvolgimento emotivo che ha con il “paziente”, non avendo scelto di assisterlo per professione ma perché la situazione famigliare l’ha portato a doverlo fare. Situazione aggravata dal fatto che quasi sempre i familiari non hanno competenze mediche, elemento che spesso genera frustrazione e senso di impotenza di fronte allo stato di malattia del congiunto.
Sindrome caregiver: come riconoscerla e uscirne
La sindrome del caregiver si evidenzia sotto forma di forte stress e burn out: si ha la sensazione di essere incapaci di prendere decisioni e di farsi carico della persona ammalata. Cala l’autostima mentre aumenta l’irritabilità e possono comparire sintomi di depressione, insorgono problemi d’ansia, fatica e insonnia. Situazioni che portano la persona a chiudersi rispetto al resto del mondo rifugiandosi nel proprio ruolo di caregiver, aggravando ulteriormente il proprio stato e arrivando a svolgere i propri compiti di assistenza al congiunti in modo meccanico. A volte scatta un fenomeno di depersonalizzazione e di distacco emotivo altre volte, al contrario, ad un ipercoinvolgimento emotivo.
Il primo passo da uscire da questa situazione è accettare di avere bisogno di aiuto e di essere esposti ad una situazione di sovraccarico emotivo. Ma non solo: per prima cosa bisogna imparare a trovare il giusto equilibrio tra la cura di sè e quella del proprio caro e bisogna riconoscere a se stessi il valore e l’impegno di quel che si fa, per trovare una sorta di conforto interiore; poi bisogna studiarsi per riconoscere i sintomi del malessere, e quindi imparare a chiedere aiuto, magari anche ad altri caregiver che sapranno comprendere e dare forza; infine è utile cercare supporto, anche tecnologico, per l’attività di assistenza (magari con i sistemi di assistenza in remoto a domicilio.
Sindrome del caregiver tutele
Per lungo tempo i caregiver hanno svolto il proprio lavoro in sordina, senza che l’attività svolta venisse in qualche modo riconosciuta e tutelata dallo Stato, nonostante la loro importanza fondamentale per la sostenibilità del welfare nazionale. Per fortuna negli ultimi anni qualcosa si sta muovendo. Ad esempio ai lavoratori che svolgono il ruolo di caregiver viene data la possibilità di uscire in anticipo dal mondo del lavoro a condizioni agevolate con l’APe Social. Sul fronte vaccini anti Covid è stata loro riconosciuta la priorità di somministrazione assieme ai propri congiunti in difficoltà, su quello economico esiste un Fondo nazionale che alimenta bonus e sussidi economici riconosciuti poi a livello regionale o comunale.
A livello normativo, a fare da apripista negli scorsi anni è stata l’Emilia-Romagna che ha varato una propria legge regionale per il riconoscimento ed il sostegno del caregiver familiare. Per sostenere psicologicamente ed economicamente queste persone è stata istituita anche la Giornata del caregiver, che si tiene nell’ultimo sabato di Maggio. Sullo sfondo, il provvedimento normativo depositato in Parlamento, in attesa di discussione, per il riconoscimento retributivo e lavorativo dell’impegno profuso dai caregiver familiari.